Acri, i "terù" e i "negher" (ovvero la polemica sulle “cose colorate in giro”)

Che dire del debutto a Palazzo Loggia del consigliere comunale Gianfranco…Acri?! Lo stesso cognome suo di ascendenze greco-arabo-- fenicio-egizian-nordafricane avrebbe dovuto consigliargli in Loggia maggior prudenza, sul lamento contro le “cose colorate” in movimento per le vie di Brescia.
Stesso consiglio – immagino, ogni mattina – guardandosi nel suo stesso specchio in bagno. Per non dire pure in quello della sua coscienza che, per quanto ridotto ad uno specchietto retrovisore, si dovrebbe in genere comunque avere. Ed ogni tanto anche sbirciare per evitare dei grossi guai.
Giorni fa nel piano di mezzo del Metrò di via Marconi, nei pochi metri tra un ascensore e l’altro, pedalando in bici, un tizio cantava ad alta voce  “De negher e de terù non ne posso più”.
La volta prossima che lo vedo gli parlerò dell’amico Acri e spero di convincerlo ad accorciar la rima ai soli “negher”, perché pure i “terù” son passati dalla sua parte. Non so se mi riuscirà…se gradirà...se ci cascherà…Mi sembrava tutto, ma non un allocco. Perché l’intolleranza tende ad allargarsi più che a restringersi. E la prossima volta temo proprio che farà pure un qualche girotondo con la bici per completare un nuovo e più lungo elenco, oltre i "negher" e i "terù".
Di certo vorrei regalare al dottor Acri un libretto dello storico Carlo Cipolla intitolato “Allegro ma non troppo. Le leggi della stupidità umana”. Non parla di razzismo e di siculo-calabro-aspiranti ariani, e neppure  è  – tranquillo Gianfranco! -  di eccessivo impegno.
Ma son certo che pure Acri nel riflettere su quelle leggi - ch’egli mi pare stia osservando puntualmente - possa trarne un qualche giovamento. A volte - e saggiamente - anche solo non aprendo bocca.

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