Provincia camuna? Valcamexit: il localismo porta in un vicolo cieco

di Claudio Bragaglio
(in: GRAFFITI, periodico della Val Camonica, ottobre 2023)
La stagione delle riforme istituzionali presenta un bilancio fallimentare. Ad un tale giudizio non si sottrae neppure il Centro Sinistra, considerando le proposte fatte per forme di governo - nazionale e locale - o per leggi elettorali. La causa più insidiosa d’un tale comportamento è quella di immaginare le riforme, più che dal punto di vista del Paese, in base a mutevoli interessi politici. Con “riforme” intese come varianti del consenso momentaneo per i partiti o – negli Enti Locali – anche per gruppi locali di potere, spesso trasversali.
Il giudizio critico riguarda le contraddittorie proposte di riforma avanzate sia per forme di Stato e di Governo, che per Regioni ed Enti Locali. Passando dalla Commissione Bicamerale del 1977, presieduta da D’Alema, alla Riforma costituzionale Renzi-Boschi. Della Commissione D’Alema s’è salvata solo la riforma del Titolo V della Costituzione, riguardante Regioni, Province e Comuni, approvata nel 2001. Mentre la riforma Renzi-Boschi è stata respinta nel Referendum del 2016, con il 60% di voti contrari. Bocciando quindi anche la scelta di sopprimere le Province, prevista in tale testo anche in chiave “anticasta”.
Ma alle nostre spalle c’è confusione perché lo “spirito del tempo” è ancora quello della legge-ponte del ministro Delrio, tesa al superamento delle Province con l’eterea idea degli “Enti di area vasta”! Si aggiunga il voto per le Province, ma di secondo livello, ovvero un voto espresso non dai cittadini, ma dai soli Consiglieri comunali.
Oggi il tema si ripropone, ma per una nuova futura Provincia e ritorna in campo il voto “restituito” ai  cittadini. Questa la possibile novità, oltre che l’auspicabile voto per le Province nel 2025.
In fatto di leggi elettorali s’è disinvoltamente passati da sistemi proporzionali a quelli maggioritari. Dal Mattarellum del 1994, al Porcellum del 2005 ed al Rosatellum in vigore. Con elettori che votano per i Comuni con un sistema elettorale pressoché opposto a quello  nazionale!
Con le rinate Province per taluni c’è pure il ritorno di fiamma per la “Provincia Camuna”. Una tentazione, quand’anche con poche speranze. Ma con un nuovo giro di giostra…non si sa mai!
Si pensi alla proposta di legge, del 1994, per la “Provincia Camuna”-  con capoluogo Darfo - del sen. Garatti. Alla stessa idea, nel 1998, dell’on. Caparini, ma con capoluogo Breno. O, nel 2001, del sen. De Paoli, pure con quella sua screditata lista civetta di “Lega Alpina Lumbarda”.
I tentativi di riforma più seri, proposti tempo fa anche dall’Unione delle Province (UPI), sono stati  quelli di assicurare alla Provincia un ruolo di cerniera tra Comuni e Regioni. Si erano così avanzate varie ipotesi, in presenza della novità delle 15 Città metropolitane che sostituivano le loro Province.
Ma i parametri erano quelli di prevedere Province almeno con 300 mila abitanti, il loro accorpamento o la soppressione di Province in piccole Regioni dove era possibile un rapporto diretto tra Comuni e Regioni. Tale Riforma avrebbe ridotto di circa un terzo il numero delle Province esistenti. Ma una divisione anche fra “opposti localismi” ha fatto fallire la soluzione auspicata. Aprendo così la strada alla soppressione, sic et simpliciter, delle Province stesse.
Va ripreso il cammino di una seria riforma, non solo col voto restituito ai cittadini, ma respingendo il localismo che ci riporterebbe in un vicolo cieco.

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