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Senza un "Centro Democratico" non c'è alternativa di sinistra alla destra
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Pubblicato: Lunedì, 14 Aprile 2025 00:00
Lo sconquasso delle crisi – come “montagne russe” in varie guerre ed in borsa - temo ci sottragga la possibilità d’una adeguata risposta democratica. Pure in Italia. Al punto da subire anche le elezioni anticipate, ma con il Centrosinistra nella burrasca in alto mare. I tentativi per un’Alternativa, con mobilitazioni sociali e per la pace sono già in campo. Ma è il quadro politico che arranca. Recenti convegni, come quello di “Comunità Democratica” a Milano - ma con la “stella” di Ernesto Ruffini, già eclissata – confermano tali incertezze. In quanto poi al Congresso anticipato del PD – come minaccia per la Segreteria Schlein - vede tramortiti gli stessi improvvidi proponenti.
La proposta d’un “Centro politico” sembra un tema lontano dai problemi reali, mentre è vero il contrario. Perché coincide con la sfida decisiva per la leadership del Paese. Infatti, nella crisi d’un tale Centro – sul piano sociale, ben prima che politico - si riflettono le difficoltà del Centrosinistra. Si tratta infatti della crisi del rapporto del PD con vasti settori sociali, produttivi e di ceto medio. Nonché della crisi di rappresentanza di buona parte del 50% di elettori che non vota, ma perché non trova convincente la “offerta politica” d’un Centrosinistra diviso e non affidabile.
Alle spalle la crisi d’un PD precipitato dal 40% a poco più del 20%. Ancora oggi ci si aggrappa al “Campo largo” di Zingaretti, segretario PD di anni fa, come fosse la stessa “visura catastale” dei vari lotti sparsi del Centrosinistra, derivati dal fallimento d’un PD maggioritario. La drammatica situazione esige invece una “Alternativa democratica”, intesa come una coalizione maggioritaria, ma plurale com’era l’Ulivo iniziale. E che Martinazzoli e Corsini, nel Comune di Brescia, avevano contribuito a promuovere.
Un nuovo pluralismo politico nel Centro Sinistra
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Pubblicato: Mercoledì, 12 Marzo 2025 00:00
Nel 1983, solo dopo una polemica politica su: Bresciaoggi con il prof. Emanuele Severino, ho letto il suo “Ritornare a Parmenide”. Quel “ritornare” era in verità il suo “ripartire” da un bivio di ben 2500 anni fa, ma per una strada diversa da quella sbagliata, fino allora percorsa in filosofia. Una “metafora” forte da tener presente anche su questioni ben più modeste. Anche in politica. Quindi a fronte di errori va individuato il “bivio sbagliato”, da cui poi ripartire per la via giusta.
Ma qual è il bivio sbagliato che ha portato il PD a dimezzare i suoi voti? Esso risale alla risposta sbagliata data già dal Centrosinistra alla crisi della Prima Repubblica. Da lì si diramano due opposte vie: quella del bipartitismo di tipo anglosassone e quella europea, col pluralismo delle alleanze. Ma ad un tale aut-aut, la risposta è la peggiore: quella dell’et-et! Con l’adozione delle due opposte opzioni: sia il bipartitismo che il multipartitismo! E la riprova sta nella legge elettorale “bicefala” del “Mattarellum”. Per il Parlamento il voto è dato ai partiti in base ai collegi uninominali (quindi un voto bipartitico), mentre per Comuni e Regioni, il voto è proporzionale, a favore delle alleanze le più ampie. Una schizofrenia! Con l’Ulivo poi in crisi per quelle opposte “due anime nel suo petto”.
PD e Provincia - I perché dei NO all'intesa
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Pubblicato: Lunedì, 17 Febbraio 2025 00:00
Nella vicenda della Provincia si è riflessa la “schizofrenia del Centro politico” che mi ha riportato ad anni lontani del Comune di Brescia, riletti oggi nel pregevole libro di Pierangelo Ferrari :.“Brescia 1991-1994. Quando tutto finì e tutto cominciò”. Pur con evidenti diversità di situazioni e nel livello dei protagonisti. Ma con un punto in comune che ha visto la Sinistra contrapposta – in alcuni momenti decisivi – proprio all’area Cattolica democratica, che a Brescia è una storica alleata. Con autorevoli Sindaci, infatti, si sono poi realizzate scelte molto importanti. Dalla “Giunta aperta” con Trebeschi, poi con Padula, dall’Ulivo “ante litteram” con Martinazzoli, poi con Delbono.
Ferrari ricostruisce molto bene le scelte decisive e di lungo respiro. Ma, nel contempo, evidenzia anche alcune scelte della Sinistra (PCI-PDS), ma fatte in contrasto con la Sinistra DC e poi, nel ’94, con il PPI di Martinazzoli. Periodo complicato, dal 1990 al ’94, con ben tre elezioni in Loggia
La prima di queste diverse decisioni ha riguardato l’elezione a Sindaco di Paolo Corsini, nel ‘92. Che vide la convergenza con Prandiniani e Craxiani, i più lontani dal PCI/PDS. Ma pure contrarietà o freni da parte proprio della Sinistra DC, nonostante essa avesse già bruciato le proprie alternative nel dopo-Padula, da Gorlani, al repubblicano Corda. Pur sapendo che le “Sinistre consiliari”, disponevano dei due voti decisivi - in extremis - per evitare il secondo scioglimento del Consiglio.
La seconda divisione si è consumata nel ‘94. In gennaio era nato il PPI di Martinazzoli. Ma in Regione Lombardia era stata messa in crisi la Giunta della Presidente Ghilardotti, cislina ed iscritta al PDS. Con la nascita poi d’una Giunta regionale con Presidente il leghista Arrigoni e, con Vice, il bresciano Marchioro del PPI. Quindi il neonato PPI insieme con la Lega di Bossi! Anche a Brescia – contro il sindaco Corsini - c’era chi puntava su un sindaco…leghista! . Il PDS - in tre giorni tre – ha fatto saltare tale…trappola. E con la contrarietà del PPI, nostro alleato in Giunta, porta allo scioglimento il Consiglio Comunale. Con l’epilogo – dettagliato da Ferrari - che ci porta a Martinazzoli Sindaco e poi all’Ulivo di Prodi.
Tutto ciò per dire del dovere anche d’una rottura – che sian gli amici di ieri od i loro nipoti di oggi – se si è convinti d’un errore. O, peggio, d’un disegno alternativo al Centrosinistra. Come quello sostenuto col motto: “chi ci sta…ci sta”, ovvero anche con la rottura del PD e del Centrosinistra, pur di fare un accordo di potere con la Destra in Provincia. Quindi, con una linea opposta alla Segreteria Schlein ed allo stesso Congresso PD di Brescia.
Le Province – con la sconfitta del Referendum del 2016 che voleva azzerarle – sono rimaste soggetti costituzionali come i Comuni e le Regioni. Mentre è la legge Delrio del 2014 che sopravvive, ma ormai come uno…zombi!
Basta «Podestà» in Provincia. Per un'alternativa politica ed anche per il voto dei cittadini
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Pubblicato: Martedì, 04 Febbraio 2025 00:00
Molti sono increduli del percorso che ci porterebbe in Provincia all’alleanza con la Destra bresciana e ad una rottura profonda nel PD e con la Sinistra.Si tratta di un progressivo scivolamento senza freni gestito al di fuori dagli organismi dirigenti del PD, con una Direzione Provinciale non convocata da 5 mesi. Un progressivo scivolamento rispetto al punto iniziale che immaginava una ripetizione di “gestioni unitarie” precedenti in Provincia, ma allora gestite con maggioranze e presidenze di Centro Sinistra, con nessun ruolo significativo del Centrodestra. Fino alla Presidenza di Moraschini.Ma nel frattempo tutto è cambiato. Con la vittoria di FdI e Meloni, con il ridimensionamento anche a Brescia dell’area centrista del Centrodestra. E’ stata poi accantonata la situazione, pur immaginata, di un possibile risultato, alle elezioni provinciali bresciane, di un pareggio di 8 ad 8 consiglieri e d’un Presidente come Moraschini in…stand by.Ma con la sconfitta del Centrosinistra la situazione si è radicalmente cambiata con 10 seggi attribuiti al Centrodestra, 7 al Centrosinistra.Con una “fecondazione extracorporea”, rispetto ai partiti interessati (compreso il PD), si è tentata da parte di alcuni dirigenti del PD una operazione che poteva anche avere una qualche “chance”, con la parte centrista del Centrodestra da protagonista e con la garanzia dell’unità di tutto il Centrosinistra unito. Con “Bene Comune”, ovviamente incluso. Un azzardo che in una logica continuista, come è avvenuto anche in alcune Province, poteva essere pure “tentata”. Ma non al buio, con una Direzione Provinciale del PD neppure convocata ben 5 mesi!In realtà in un clima…nebbioso, si è poi tentata un’operazione neocentrista. M’è pur scappato di dire - absit iniuria – pure: neodemocristiana, pensando ai protagonisti d’una tale operazione.Il percorso, però, si è poi scontrato con un quadro che a Brescia in questi mesi si è letteralmente rovesciato. E che ha travolto tale tentativo, ma con taluni ancora oggi che non vogliono prenderne atto. Ed ha riguardato i rigurgiti neofascisti a Brescia, che ha coinvolto candidati e consiglieri di FdI, divisioni in Loggia, il protagonismo leghista della segretaria Sisti, per affermare la candidatura in Provincia di un proprio vicepresidente, non come il Sindaco di Concesio, ma nientemeno di Rolfi, a capo della contrapposizione frontale in Loggia contro Castelletti. Per non dire poi dei 5 mesi di imbarazzanti di svagata inconcludenza di Moraschini...
Riflessioni sul PD e il Convegno dei Cattolici
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Pubblicato: Giovedì, 16 Gennaio 2025 00:00
Il Convegno di Milano del 18 gennaio, promosso da Cattolici democratici, mi si associa ad un Mogol-Battisti: “Io vorrei…non vorrei…torno già a volare, le distese azzurre, le discese ardite, e le risalite, e poi giù il deserto…”. Più volte infatti l’area cattolica ha posto un problema reale nel PD. Pur con quel mogoliano: “ancora in alto, con un grande salto”,… ma che poi non vien mai fatto. Ricordo, l’anno scorso, la polemica di Castagnetti con Schlein
Eppure il Congresso PD aveva offerto ai cattolici varie opportunità per evitarsi un…”e poi giù il deserto”! Ma che si son tradotte nel sostegno gregario alla candidatura di Bonaccini, convinti d’una sua vittoria. Per poi scaricarlo, dopo la vittoria della Schlein.
Ma tale situazione è analoga alla paralisi della Sinistra del PD. Atene piange, ma Sparta non ride. Nel tempo il PD ha fatto scelte sbagliate. Nel 2007 il bipartitismo di sistema, con un PD a vocazione maggioritaria che poi si ritrova ora poco sopra il 20%, ma con una decina di punti in meno della somma di Ds, Margherita ed altri soci fondatori. E con una scalcinata alleanza con il duo Renzi-Calenda e con il fu Grillo-Conte del M5S!
Vi sono fondamenta che non reggon più. Ripartendo – ahimè - dai lontani anni ‘90. Dalla scelta d’un bivio sbagliato. Infatti, alla crisi di sistema dell’89 il PDS di Occhetto rispose con i “Progressisti”, ma contro il PPI di Martinazzoli, nel voto del ‘94. Entrambi sconfitti da Berlusconi. L’errore di quella scelta – mutatis mutandi – s’è diramata nell’Ulivo, fino ad oggi. Infatti si son rimosse le rispettive “originalità” del Cattolicesimo popolare e della Sinistra italiana, espressione di diversificati mondi sociali. Si tratta di quel “caso italiano” che non era una arretratezza in Europa. Anzi. Ripensando ancora oggi a Berlinguer e Moro...
Si dirà, ma da Brescia in Loggia con Martinazzoli e poi con Prodi in Italia la risposta è stata l’alleanza dell’Ulivo. Non è proprio così. Infatti nell’Ulivo, quasi fin da subito, s’è aperto un divario tra un futuro Partito Democratico (Prodi) ed un Partito Socialista (D’Alema). Mentre l’Ulivo rimaneva come alleanza, ma solo a livelli territoriali. Anche per la schizofrenia delle leggi elettorali del ’94 (dal Mattarellum in poi) che favoriva due opposte prospettive. Quella delle alleanze negli Enti locali e il bipartitismo maggioritario in Parlamento. Infatti la crisi dell’Ulivo nel ’98 è stata tutta politica. Ed acuita dalla proposta di referendum a favore d’un rigido bipartitismo. Con la ghigliottina annunciata per vari partiti. Compresa “Rifondazione”, che quindi rovesciò il Governo.
E lo si vede bene in Lombardia. A Brescia. Il bipartitismo ha depotenziato un Ulivo plurale, fatto di alleanze politiche, civiche e sociali. La famosa “disintermediazione” politica di Renzi è arrivata buon ultima! Ma non da lui inventata...