L'eroismo dei Padri e gli errori dei Nonni
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Pubblicato: Sabato, 04 Maggio 2024 00:00
Nell’intervento a Sarezzo per la celebrazione del 25 aprile non mi sono risparmiato un passaggio “problematico”. Per quanto non proprio il massimo per celebrare una festa. Infatti, dopo aver richiamato tutto ciò che andava detto - dall’eroismo dei Partigiani, ai valori dell’Antifascismo e della Costituzione - m’è uscito di botto il mio vero cruccio. Oltre la vittoria del ‘45, la tremenda sconfitta degli anni ‘20. I perché, quindi, dell’Italia e della Germania consegnate al Fascismo ed al Nazismo. Con la valanga di libri ben scritti, ma che spesso vien rimossa. Eppure anche Umberto Eco ci ha parlato d’un Ur-Fascismo, ovvero d’un “Fascismo eterno”! Di sicuro, c’è un certo clima di destra radicale, di guerre, di democrazie in crisi, di “democrature” contagiose alla Orban, di populismi che ci appesta, ma che respiriamo. Ho così richiamato, insieme ai successi della Resistenza, la precedente e colpevole sconfitta delle forze democratiche. Pur nella “messa cantata” del 25 aprile non mi sono quindi risparmiato il richiamo alla “messa funebre” degli anni ’20/30.
Ricordando due vicende.
Le elezioni del 1921 in Italia. Con un 20% del Blocco nazionalfascista, mentre tutto il resto delle forze democratiche era contro. Con i soli popolari e socialisti, che insieme facevano il 45%.
Le elezioni del 1930 in Germania. Con Hitler che ha solo il 18% del voto, mentre vari partiti popolari cattolici di centro sono al 23%, i socialdemocratici al 24% ed i comunisti al 13%.
Ma dopo solo tre anni in Italia, nelle elezioni del 1924 la lista mussoliniana è al 65%, con popolari e socialisti al 20%. Poco nulla i comunisti. Così come dopo solo tre anni anche in Germania, Hitler ha la maggioranza relativa con il 45%, mentre tengono a fatica i socialcomunisti, ma sparisce il voto del Zentrum cattolico, travasato nel Nazismo.
Etica e politica in Cesare Trebeschi - la testimonianza di Paolo Corsini
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Pubblicato: Martedì, 16 Aprile 2024 00:00
La scomparsa di Cesare Trebeschi, avvenuta il 10 aprile 2020, alla venerabile età di 94 anni, ha suscitato vivide emozioni e profondo dolore non solo in quanti lo hanno direttamente conosciuto e frequentato: una perdita e un lutto che hanno coinvolto l’intera comunità bresciana da lui rappresentata in qualità di Sindaco per un intero decennio, dal 1975 al 1985. Una straordinaria lezione fatta di passione generosa, di impegno rigoroso e severo, di riconosciuta competenza e lungimirante visione. Potrei dire di autentico spirito di servizio, se l’espressione non fosse ormai logorata e da tempo sottoposta ad ipocrisie ed abusi. Una comunità che, pur non potendo prender parte alle esequie, a motivo dell’emergenza sanitaria, non ha mancato, attraverso le voci tanto di autorevoli esponenti della vita pubblica, quanto di anonimi cittadini, di rendergli un tributo di riconoscenza nel segno di una partecipazione condivisa e corale. Come ha annotato Giacomo Canobbio: “Ora tocca a noi fare memoria di un figlio […], di un servitore della città terrena che ha vissuto con passione e nello stesso tempo con il distacco necessario per chi voglia restare libero, condizione indispensabile per lasciare ai posteri l’eredità che è appello all’impegno”. Si affastellano nella mia mente i molteplici ricordi degli anni trascorsi con lui in Consiglio comunale a Brescia, su banchi allora avversari, da sponde politicamente divise, ma non a tal punto contrapposte da far perdere di vista il comune fondamento di una colleganza amministrativa: l’affezione alla nostra città. Un confronto serrato da lui condotto con determinazione certamente – un temperamento il suo fermo e saldo nella irremovibilità dei principi - ma pure una disposizione all’ascolto, ad un confronto fatto di rispetto come esito tanto di autenticità morale quanto di profonda interiorizzazione della regola democratica.