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Sindaci come migliori interpreti d’un nuovo progetto di Centro Sinistra. La scissione? Un “deo gratias” da Salvini.

Messo un punto fermo col nuovo Governo s’impone una riflessione. L’emergenza s’è affrontata - con Zingaretti alla guida PD - bene e con coraggio, anche se ricorrendo ad un “testa-coda” con il M5S. Ma l’eccezione non è ancora regola. Prioritaria, quindi, è la verifica della natura politica della alleanza con il M5S, sia per durata che per estensione anche a livello locale.  Nervo scoperto. Anche il condivisibile Documento dei 18 Sindaci, proposto da: Sala, Del Bono, Gori…, rivendica il ruolo delle città. Ma che c’è di nuovo sotto il loro sole rispetto ad analoghi appelli, fatti da vent’anni in qua? Rispetto all’ambizione d’un “partito dei Sindaci” e con città di Centro Sinistra allora ben più numerose? Ciò che è mancato - e temo ancora manchi - è la convinzione del valore nazionale che può scaturire da un “progetto politico” che derivi dalla rappresentanza territoriale nel Paese. In ciò vedo anche una qualche rinuncia dei Sindaci ad esercitare l’autonomia d’un ruolo politico, che comporti scelte chiare e relativi rischi. Preferendo, spesso, un tranquillo primato locale, ciascuno nel proprio villaggio delle lontane Gallie.La conferma d’un acritico allineamento - con qualche eccezione – s’è riscontrato anche nei rapporti con il M5S. Dove, a fronte d’una equiparazione nazionale tra Lega e M5S, non mi pare si siano levate molte voci contro una visione che non aveva riscontro nei territori. Compresa Brescia. Penso a ciò che il sindaco Del Bono – intelligentemente – aveva detto con spirito di apertura sull’esperienza grillina in Loggia dell’avv. Gamba e poi sul neo candidato Ghidini. Constatando poi nel suo successo del 54% in città come vi fosse anche una parte del voto M5S.


Bragaglio: la giusta vocazione del PD? Un Centro Sinistra unitario e plurale!

Con la polemica di Renzi e le risposte – condivisibili - di Gentiloni e Minniti verrebbe da dire - con la saggezza della Bibbia - “nihil sub sole novum”. Ma oggi non mi limiterei a questo. Si tratta invece di abbandonare tale campo di gioco per dare una risposta di diverso profilo. Trappole da aggirare per andare oltre.
Quindi niente commenti sulla psicopatologia d’una aggressione, o su un ego smisurato che dopo le sconfitte vaga come un fantasma senza alcun corpo in cui ritrovarsi. Niente Giglio che da magico, rischia di ritrovarsi tragico, con la chiusura del sipario su Luca Lotti. Niente cattiverie sui “social” per mesti cortei di prefiche in lutto o per tifoserie sgonfiate. Niente di tutto ciò.
Ritengo infatti si debba uscire dalla morsa di simili contese. Con un PD che discute anche nei suoi organismi dirigenti, oltre che sventagliato sulla stampa. Quasi ci fosse una “veritas duplex”. Quella degli “iniziati” che dottoreggiano su nuovi partiti o sulle spoglie del PD. Mentre partito ed organismi dirigenti del PD fan finta di nulla. Come nell’ultima Direzione nazionale.
Posso sbagliare e me lo auguro. Ma il Renzi di oggi mi pare si muova sulla scacchiera come un replicante del D’Alema di ieri. Qualcosa di speculare li accomuna. Con un Renzi – sia detto con benevola ironia – sempre più… “dalemizzato”.
Punti decisivi sono la salvezza del PD e l’alternativa democratica per il Paese. Quindi non se Renzi riguadagni o meno il palcoscenico, con la polemica. Cosa che gli si è ritorta pure contro, a danno del Renzi-sosia, già segretario del PD. E poi contro un Minniti ed un Gentiloni, fino a ieri icone d’un renzismo d’alto rango. Il primo addirittura candidato renziano alla segreteria del PD, seguito da una strambata su Giacchetti. E l’inarrestabile deriva.


La sconfitta di Orzinuovi metafora d’un centro sinistra non voluto

Leggo d’un agguerrito altolà di Ambrogio Paiardi al nuovo sindaco di Orzinuovi, Gianpietro Maffoni, in fatto di Assessorati. Artiglio appuntito – almeno in apparenza – d’una sorprendente opposizione da parte di Paiardi, noto esponente d’antico rito democristiano. Per di più proprio ad Orzinuovi, nella memoria dei molti il Comune di Mino Martinazzoli. E dove spesso si celebra il padre nobile dell’Ulivo.
Dopotutto, l’aspirante candidato-sindaco Paiardi, già collaudato ex sindaco orceano, con la sua lista ha preso il 15%. Non proprio un successo. Per lui, come per le due liste in cui lì s’è diviso il Centro Sinistra, che era alla guida del Comune fino a pochi giorni fa. Persino l’aritmetica ha congiurato contro una tale sciagurata divisione, perché una semplice somma avrebbe riconsegnato la vittoria ad un Centro Sinistra unito, con un buon 52%. Perdere si può, dato anche il vento nazionale. Ma conta molto anche il “modo”. Perché in taluni casi si è registi, e non solo vittime, della propria disfatta. Quindi, non c’entra il famoso “destino cinico e baro”. Non a caso, vi son stati vari comuni vinti a Brescia, anche dove il voto europeo favoriva la Destra. Poi vi son Comuni, a partire da Mazzano, dove neppure s’è presentata la Lista. Ed il tutto non per colpa di Renzi o Zingaretti.




Il PD per un nuovo Centro Sinistra e non un gioco dell’oca

Ciò che più temo, all’indomani delle elezioni europee ed amministrative, è un inconcludente gioco dell'oca. Con analisi di flussi, riflussi e… deflussi elettorali. Quindi lo studio attento degli elaborati dei vari Istituti di ricerca. Poi l’analisi sociale, con l’immancabile richiamo alle ingiustizie che alimentano populismi e sovranisti. Nei mesi prossimi a seguire i Forum programmatici da cui far scaturire nuove idee di governo. Ed, infine, il richiamo alle convergenze politiche che diano corpo ai programmi del Centro Sinistra. Mentre, nel frattempo, il campo del Centro Sinistra rimane un cantiere confuso e contraddittorio, ancora tutto da progettare come se avessimo davanti a noi le calende greche.
Le analisi ci stanno tutte e son doverose, intendiamoci. Ma spesso sono pure fine a loro stesse. Infatti chiusa l'analisi, si chiude pure bottega, senza mettere in campo, qui e subito, un chiaro progetto politico. Sì, proprio quello che richiede anche le tanto vituperate “formule politiche”, senza le quali è tutto un fumoso ed inconcludente agitarsi, senza alcun chiaro sbocco politico.
Il precipitare della situazione politica e di governo ci sottrae spazio e tempo. Anzi direi che il tempo ci è sempre più nemico e va quindi rovesciato il percorso canonico, producendo subito scelte politiche “come se” votassimo tra pochi mesi. Con la costrizione da rendere più forte della stessa, e magari anche opposta, convinzione.
Con tale urgenza! “Etsi Deus daretur”, tanto per far nostre antiche sapienze, ovvero come se il "giudizio di Dio" delle elezioni politiche fosse vicino. E in tempi di emergenza democratica, quali sono i nostri, la politica non può che partire dalla politica. Non da altro. Impedendo a se stessa l’alibi di dover ripartire dal giro largo ed inconcludente della società civile. Che si traduce oggi, più che altro, in una maschera demagogica indossata per nascondere le proprie paralisi ed incapacità.

CANDIDATURE PER UN PD UNITO E PLURALE IN EUROPA ED IN ITALIA

Un po’ sorprendente - per taluni - una mia “preferenza” all’on. Patrizia Toia per l’Europa, pur potendo scegliere tra candidature “al femminile”, laiche e di sinistra, a me più vicine. Una scelta convinta e motivata. Presupposto ovvio è il requisito essenziale in fatto di stima, competenza ed autorevolezza, ma tale mia scelta per l’on. Toia s’è accompagnata anche ad altri tre pensieri di natura politica, resi possibili dal clima inclusivo del nuovo PD di Nicola Zingaretti.
Molto è ormai cambiato ed in meglio. Lo stesso percorso delle candidature, promosso in Direzione Lombarda del PD dal segretario Vinicio Peluffo, s’è svolto in modo costruttivo.
Il primo pensiero riguarda una Lista del PD che ha saputo saldare una giovane e promettente generazione politica con esperienze già autorevolmente consolidate, indispensabili a livello d’un Parlamento europeo. Penso quindi, a riprova, a due validi parlamentari, di diversa generazione, come Brando Benifei e, appunto, Patrizia Toia. Penso, inoltre, all’apertura verso altre realtà, ben oltre il PD, come nei due collegi del Nord con capilista Giuliano Pisapia e Carlo Calenda. Una Lista rappresentativa, altresì, anche della territorialità, come è per Brescia la candidatura unitaria di Pierluigi Mottinelli, già presidente della Provincia.

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