Interventi

Mario Tambalotti: testimonianza del figlio Andrea

Una delle tante cose che ho imparato da mio papà è che quando si parla in pubblico non si può leggere un testo. Bisogna farlo a braccio, anche se naturalmente sulla base di un canovaccio ben studiato. Lui faceva così. Ed infatti, quando faccio delle presentazioni per lavoro, cosa che mi capita abbastanza spesso, ci penso, mi preparo, so cosa voglio dire, ma non seguo un testo scritto. Mi è impossibile farlo. Ma in questo caso, perdonatemi, devo leggere. Per due motivi. Primo, senza un testo, avrei divagato e parlato troppo, perché sono figlio di mio padre. Secondo, non credo che sarei riuscito ad arrivare in fondo. Vediamo se ce la faccio così.
Una persona straordinaria
Mio papà era una persona straordinaria. Credo che ciascuno di voi lo possa testimoniare. Era straordinaria la sua biografia, straordinario il suo carattere, ed è straordinario quello che ci lascia, tramite le sue opere, quello che ha fatto, e per il suo esempio. Mi piacerebbe poter spendere un po’ più tempo a parlare della sua biografia, della sua parabola da figlio della classe operaia in Via Milano, cresciuto durante il fascismo, sempre fermamente opposto da lui, e dal suo amatissimo papà Vincenzo, Cenci, al diploma di perito industriale, alla laurea alla Bocconi, alla quale si era iscritto quasi per caso, alle tante soddisfazioni professionali, come uno dei primi commercialisti a Brescia, e tanto altro, ma non ho il tempo, e probabilmente non ne vale la pena. Perché quello per cui credo tutti lo ricorderemo di più, sono il suo carattere ed il suo esempio, e di quelli voglio parlare un attimo.
Ci sono tanti aggettivi che mi vengono in mente quando penso a mio papà, molte qualità che lo contraddistinguevano, e che immagino siano familiari alla maggior parte di voi. La grinta, determinazione, coraggio, che per esempio gli hanno permesso di superare un grave incidente in bici all’età di 80 anni, alla faccia del medico che gli disse che si doveva accontentare di andare in giro in sedia a rotelle. Invece lui è tornato in bicicletta e sugli sci, fino a questo passato Febbraio, alla soglia dei 90 anni, quando abbiamo sciato insieme in Alta Badia! E poi la saggezza, l’esperienza, la pacatezza, la pazienza, la vivissima intelligenza. E potrei continuare per molto.

"CRISTIANESIMO, POVERTÀ, POLITICA" - incontro martedì 3 dicembre 2019

"CRISTIANESIMO, POVERTÀ, POLITICA"

In occasione dell’uscita del libro "POVERI E CAPITALE. LA POVERTÀ NELLA POLITICA" Prefazione di Mario Tronti (Ed. Scholé- Morcelliana, Brescia)

Incontro sul tema "Cristianesimo, povertà, politica"

con PAOLO SORBI, Autore
PAOLO CORSINI, Storico, già Sindaco di Brescia
ILARIO BERTOLETTI, Direttore di Morcelliana.
Coordina il dibattito CLAUDIO BRAGAGLIO, Nuova Libreria Rinascita.
Introduce DINO SANTINA, direttore dell’AAB.

AAB associazione artisti bresciani, vicolo delle Stelle 4, Brescia, 3 dicembre, ore 17.30


Il libro: dall’antico grido di libertà del gladiatore e schiavo ribelle Spartaco alle nuove lotte nelle fabbriche moderne: secoli di storia della povertà. Di quei poveri che si auto-organizzano per liberarsi dallo sfruttamento, per il potere dei poveri, dei proletari, fino a uccidere e uccidersi tra loro, come testimonia la storia. I conflitti dei poveri sono descritti attraverso le storie di insurrezioni medioevali, rivolte, manifestazioni, proteste, di atti di pace e dialogo ed episodi come le guerre dei contadini durante la Riforma protestante tra fine Quattrocento e Cinquecento, le dinamiche dei rivoluzionari del 1789 a Parigi, dei proletari nella Russia del 1917. Non una sola storia, ma differenti interpretazioni. In “Poveri e capitale. La povertà nella politica” l’analisi viene condotta alla luce delle scienze umane: vengono descritti i complessi meccanismi della psicologia politica e dei raccordi con la sociologia nei processi di urbanizzazione e secolarizzazione, con la genesi antropologica del “capro espiatorio”.
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L’autore: Paolo Sorbi, sociologo laureatosi a Trento alla fine del’68, è stato tra i protagonisti del movimento di lotta antiautoritario degli studenti di Sociologia. Professore straordinario di Sociologia, per quasi quindici anni, all’Università Europea di Roma, dirige il CRIPPEG (Centro di Ricerche di psicologia politica e geopolitica) di quell’Università con una sede anche a Gerusalemme.
Tra i suoi testi: Emergenza antropologica. Per una nuova alleanza tra credenti e non redenti (con P. Barcellona, M. Tronti e G. Vacca, Guerini, 2012). Collabora con «Avvenire» e «Vita e Pensiero» sui temi della globalizzazione e dell’ebraismo contemporaneo.

Bragaglio: la strage di Piazza Loggia dopo la sentenza. I poteri occulti del “doppio Stato”. 12 07 19

Con la pubblicazione dell’interessante libro di Paolo Barbieri: La morte a Brescia. 28 maggio 1974: storia di una strage fascista (edizioni Red Star Press, Roma, 2019) l’ampia bibliografia riguardante la drammatica vicenda della strage di Piazza Loggia si arricchisce d’un nuovo ed importante contributo. Un contributo, peraltro, d’un testimone – allora giovane diciottenne – che in quella drammatica mattinata era tra i manifestanti in Piazza Loggia e che, già dalle prime pagine, descrive il momento drammatico dello scoppio, la reazione dei partecipanti alla manifestazione, il rischio della vita per l’Autore stesso che, solo per un fatto del tutto casuale, si era da poco allontanato dal luogo dello scoppio.
Barbieri cattura così, fin dalle prime pagine, l’emozione del lettore, restituendoci la memoria di quei drammatici momenti che Brescia, ogni anno da quel 1974, rivive ogni 28 maggio con i ritocchi lenti della campana, nel silenzio assorto di piazza Loggia, alle 10.12 del mattino, prima di dar corso alla manifestazione pubblica.
Nelle pagine scorrono ricordi, riflessioni, stati d’animo ed eventi: la bomba, le parole spezzate dell’oratore, il sindacalista della Cisl, Franco Castrezzati, la piazza atterrita, gli otto caduti ed i cento feriti, la descrizione dei funerali con la risposta politica di massa della città e del Paese intero. Il corteo immenso che in profondità attraversa nei giorni successivi il dolore immenso della città.
Ed ancora il clima di rabbia, di contestazione, di ribellione contro la strage fascista. “La città – scrive Barbieri – per diversi giorni sarà autogestita ed il servizio d’ordine più che dalle forze dell’Ordine sarà garantito dal Sindacato e dai Partiti” (P. Barbieri, cit., p.50).
In nessuna città d’Italia, dove sono avvenuti analoghi drammatici eventi della sanguinosa strategia della tensione, ogni anno si rivive con eguale intensità, e per la durata d’un mese intero, il ricordo di quel 28 maggio. Con molteplici iniziative – nelle piazze, in sedi civiche, istituzionali, sindacali, in teatri, scuole ed università – che ripropongono il significato di quell’evento, per Brescia ed il Paese intero. Alla luce del passato e d’un impegno rinnovato nel presente e per il futuro.
Merito di tutto ciò, in particolare, va ascritto in grande misura a “Casa della Memoria”. Una realtà viva ed attiva - partecipata dalle istituzioni locali, nonché da realtà culturali, politiche, sindacali e sociali - presieduta da Manlio Milani, il marito d’una delle insegnanti cadute nella strage.



In ricordo di Mario Tambalotti

Ci siamo ritrovati, oggi, per rendere l’estremo saluto a Mario, un amico stimato e a tutti particolarmente caro. Desideriamo, da parte nostra, esprimere una commossa e sentita partecipazione al dolore di Rosa, di Lucia e di Andrea, della sorella Franca, dei carissimi nipoti e di tutti i familiari. Per molti di noi, Mario è stato anche un compagno d’un lungo cammino di ideali, d’un impegno politico, sociale e civico, di speranze condivise.
Dalle parole, rese ancor più intense dalle emozioni e dai ricordi che abbiamo appena ascoltato, ed espresse dai suoi figli Lucia ed Andrea, emerge il profilo di un padre affettuoso e di un uomo che ha profuso intelligenza, passione ed impegno, oltre che per la propria famiglia, anche nella sua professione, che per lui ha rappresentato la realizzazione di un’etica di responsabilità e di convinzione. Una vera e propria etica del lavoro.
Molti i riconoscimenti pubblici. Testimonianze che si sono manifestate sulla stampa ed anche nei numerosi necrologi di amici, esponenti istituzionali, professionisti, ordini professionali. Ma, in particolare, vorrei ringraziare Rosa, Lucia e Andrea per quel loro affettuoso pensiero: “dopo una vita lunga e felice è mancato Mario”. Una vita appunto felice, quella di Mario, il cui ricordo, pur nel dolore nostro, ci aiuta ad alleviare il peso della sua mancanza. Un ricordo che ci riporta in vita l’immagine sorridente di Mario, con quella sua affabilità, quel suo stile inconfondibile, quella sua felicità, quella sua fiducia e quell’ottimismo nella vita condiviso con familiari ed amici. E, per molti di noi, anche l’immagine sportiva, come quella sua pedalata in bicicletta verso il lago di Iseo. Penso anche alle parole, poi, della sorella Franca che ha immaginato il proprio cuore che si allarga per poter comprendere, accanto ad altri suoi cari che sono già scomparsi, anche questo suo caro “fratello gentile”. Particolare è poi il ricordo dei genitori suoi e di Mario.

CONGRESSO “HEIDEGGER NEL PENSIERO DI SEVERINO Brescia 13-15 giugno 2019

ASES* Associazione di Studi Emanuele Severino
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IL CONGRESSO: “HEIDEGGER NEL PENSIERO DI SEVERINO. METAFISICA, RELIGIONE, POLITICA, ECONOMIA, ARTE, TECNICA”
SI TERRÀ A BRESCIA DAL 13 AL 15 GIUGNO.

Apertura alle ore 14.30, del 13 giugno
presso l’Auditorium S. Barnaba
corso Magenta 44, di Brescia.


La prima seduta plenaria di giovedì pomeriggio, con gli interventi di FRIEDRICH-WILHELM VON HERRMANN e di EMANUELE SEVERINO,  e quella conclusiva di sabato pomeriggio, presso l’Auditorium S. Barnaba sono aperte a tutta la cittadinanza.
Le sessioni di venerdì e di sabato mattina si svolgeranno per gli iscritti al Congresso presso le sedi dell’Università degli Studi di Brescia e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Si annuncia come un evento internazionale, destinato a lasciare traccia per quanto in esso verrà discusso. In tale occasione infatti verranno presentate le nuove scoperte nei manoscritti inediti di Martin Heidegger. Grazie al lavoro di Friedrich-Wilhelm von Herrmann, l’ultimo assistente del filosofo tedesco, e di Francesco Alfieri, infatti, sono emersi importanti passaggi in cui il filosofo tedesco commenta Emanuele Severino, allora giovane studioso, ma già autore dell’importante saggio “Ritornare a Parmenide”.

Come dirà estesamente Alfieri in apertura del congresso, Heidegger che commenta Severino è un fatto rilevante per almeno due motivi: nell’opera del filosofo tedesco sono rarissime le citazioni di filosofi italiani e, in secondo luogo, le note ritrovate risalgono a un periodo in cui Heidegger era già affermato in tutto il mondo, mentre Emanuele Severino stava affacciandosi al mondo accademico internazionale.

Il tema del rapporto tra i due filosofi verrà discusso da oltre 60 relatori italiani e stranieri, di grande importanza, tra i quali segnaliamo: Friedrich-Wilhelm von Herrmann, Francesco Alfieri, Giampaolo Azzoni, Giulio Goggi, Ines Testoni, Alessandro Carrera, Gaetano Chiurazzi, Massimo Donà, Leonardo Messinese, Sergio Givone, Eugenio Mazzarella, Carlo Sini, Davide Spanio, Andrea Tagliapietra, Luigi Vero Tarca.

Programma completo: http://ases.psy.unipd.it



Presentazione libro di Paolo Barbieri - La morte a Brescia - in Nuova Libreria Rinascita 23 maggio 2019 ore 18.00


LA MORTE A BRESCIA
28 maggio 1974: storia di una strage fascista
di Paolo Barbieri
Con l’autore dialogano Andrea Ricci – avvocato di parte civile e Claudio Bragaglio – presidente direzione regionale PD
Introduce e coordina Paolo Pagani

Paolo Barbieri, bresciano e presente in piazza il 28 maggio, parte dai concitati momenti di lutto di quella giornata per raccontare la storia della strage: una lunga vicenda umana e giudiziaria in cui il depistaggio sembra la regola, la reticenza degli apparati dello Stato normale e le protezioni di cui i fascisti godono in seno alle istituzioni un fatto acclarato. Per questo, prima di ogni altra cosa, la strage di Brescia rappresenta una ferita all’ordinamento democratico destinata a non rimarginarsi mai.


Salvini tra le fiamme? Beato come non mai…ringrazia!

Leggo – divertito –  commenti veementi e dichiarazioni su Interrogazioni parlamentari riguardanti il “rogo della vecia” in sembianza di Salvini.  Povero Parlamento, neppure questa gli si risparmia! Ma a voler proprio metterla un po’ sul serio – in un’epoca inquietante di femminicidi – è il “giovedì grasso” che andrebbe abolito, con il suo “rogo della vecia”, come incitamento alla più grave delle violenze verso donne anziane. L’interrogazione leghista, partendo pure dalla difesa della dignità di Salvini,  dovrebbe quindi estendersi alla difesa della dignità di tutte le persone, anche per genere (donne, uomini e gay), per classi di età (bimbi, oltre che vecchie e vecchi), per colore di pelle (bianchi e non), per censo (sfruttati e sbaraccati vari) e, direi, anche  senza limitazione di luoghi (da piazze e sagrati, fino alle navi, a porti e mari, Mediterraneo compreso).
Non è che in una Interrogazione si possa sostenere che a Salvini gli vada per forza risparmiato il “rogo”, mentre a tutti gli altri – a cominciare anche dai poveri Di Maio e Toninelli vari – invece no. Una tale Interrogazione mi sentirei proprio di condividerla. Anche se non mi nascondo che abolendo questo ritaglio carnevalesco in piena Quaresima, si metterebbe a dura prova il Carnevale stesso. Per esempio, pensiamo alle trasgressioni sessiste di Bagolino, anche se lì son fatte da veci e vecie - i “mascher” - verso giovinotti e giovinotte, anche in tenera età. Sfiorando pure la pedofilia. Ma forse è troppo, se si pensa che per salvare Salvini da roghi e da sberleffi si debbano perdere voti cancellando il Carnevale. Ma – se c’è di mezzo la dignità - direi che pure questo – Lega o non Lega - debba esser fatto!

Una rinnovata questione cattolica oggi in Italia - di Paolo Corsini 03 01 2019

di PAOLO CORSINI -(Giornale di Brescia 3.1.2019)
Non si assiste oggi ad interventi diretti della gerarchia ecclesiastica nelle vicenda politica italiana. Non può, però, sfuggire il fatto che da qualche tempo non si perde occasione per esprimere richiami sulla vita pubblica del Paese. Così Papa Francesco esorta a contrastare “atteggiamenti di chiusura”, fenomeni quali il razzismo, i risorgenti nazionalismi, "le troppe ingiustizie del profitto". Anche da parte di singole personalità -ad esempio mons. Gastone Simoni, Vescovo di Prato, propone un "modello sturziano "- ci si spinge a richiamare i cattolici ad un impegno coerente ed attivo. Indicazioni assai nette provengono soprattutto dal Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. A suo avviso va superato il bipolarismo tra "cattolici della morale" e "cattolici del sociale" e si devono valorizzare "le tantissime esperienze sul territorio" . "Le forze andrebbero messe in rete in una sorta di Forum civico".

Ha ragione il sindaco Del Bono. Comunque fuori dalla lista dei quartieri. 09 11 18

Condivido al cento per cento la posizione del Sindaco Del Bono che ritiene che il “candidato con il Kalashnikov”, Chaudry Talat,  non possa presentarsi alle elezioni dei Quartieri. “La scelta di pubblicare una propria fotografia armato, infatti, va contro i principi contenuti nello Statuto del Comune di Brescia, che inneggiano alla pace e alla fratellanza. Un'immagine del genere va esattamente nella direzione opposta».
A mio parere ha sbagliato - e mi dispiace - la Commissione a consentirne l'ammissibilità, non tenendo in debito conto tale valutazione del Sindaco. Immagino facendo una valutazione con riferimento solo a reati compiuti o meno dal diretto interessato. Alla famosa fedina penale del... leguleio.
Neppure l’appello del Sindaco rivolto al diretto interessato per un passo indietro ha fatto finora breccia per il ritiro della sua candidatura.
A mio parere qui non si tratta della sua buona fede, delle intenzioni o della sua buona condotta, su cui nessuno (perlomeno io) può dire, ma del fatto obbiettivo – e tale basta - di aver lui, e neppure altri, deciso di pubblicare e di mantenere pubblicata una sua foto con il Kalasknikov, che nell’immaginario rappresenta un rimando alle mille foto dei terroristi che troviamo sui giornali ed in rete. Non poteva non saperlo. Quindi il rimando ad vero e proprio elemento oggettivo di apologia di reato punibile, ai sensi del Codice  Penale, per la rievocazione pubblica di episodi criminosi di carattere terroristico.
C’è qualcosa che lo coinvolga direttamente? Assolutamente no. E si può dar credito alle sue scuse ed a ciò che egli ha detto. Ma non è questo il punto. Non conoscendo la persona interessata neppure discuto delle sue migliori intenzioni personali, ma ciò che fa testo nella valutazione obbiettiva non sono le sue recondite intenzioni, ma è il messaggio da lui pubblicamente e consapevolmente veicolato sui Social. Ed oggi anche sui giornali di tutta Italia.
Questo il punto da non aggirare, neppure da parte sua. Peraltro a seguito di una scelta sua di pubblicare proprio tale foto, e con quell'arma, che rimanda a molte fotografie inquietanti che in questi anni insanguinati si son sono rincorse davanti ai nostri occhi.
Se in epoca di terrorismo e della vicenda Moro mi fossi fatto fotografare con la P 38, per mettermi poi sui Social, la Commissione del Comune di Brescia con quale faccia mi avrebbe ammesso? Perché dalla fedina non risultava che avessi mai sparato a nessuno?
Si è anche affermato che non vi sono  motivi ostativi per la sua candidatura "a maggior ragione" essendo i Quartieri solo organi consultivi.



Non possiamo non dirci severiniani - Bresciablog 26 11 2003

Rovistando tra vecchie carte ho trovato questo vecchio intervento del 2003, pubblicato sul Blog di Renato Rovetta, un caro amico da tempo scomparso,  e riguardante una polemica accesa con diversi interventi sul pensiero di Emanuele Severino. brg

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Caro Renato,
seguo con interesse la “finestra” che hai dedicato al filosofo Emanuele Severino. Con interesse e, nel contempo, con un qualche disappunto.
Il prof. Giancarlo Conti non si trattiene dall’esprimere giudizi graffianti e sull’effetto “Dulcamara” (ed ancora: sulla “trappola retorica”, sul “teatrino della filosofia di provincia”, sulla “autocontemplazione narcisistica”…) e non risparmia certo un’overdose di sarcasmo.
Di fronte ad un pregevole lavoro di “archeologia” rappresentato dalla riproposizione di un saggio critico di Pietro Rossi, mi sono sentito stimolato ad aprire un faldone di articoli che raccoglie parte di una nostra “archeologia di provincia”.
Un pacco di ritagli riguardanti Severino, articoli di Mario Cassa, di Italo Valent, varie interviste di Antonio Sabatucci, ed alcuni interventi e recensioni scritti anche dal sottoscritto, sempre su “Brescia Oggi”. Giornale su cui, peraltro, Severino nel periodo ‘74-‘75 aveva scritto una sessantina di articoli.
Possibile un abbaglio così clamoroso? Una “severinpatìa” che ha portato ad una sopravvalutazione - come sostiene l’amico Conti - di un “rappresentante per il Lombardo Veneto della filosofia di Heidegger”? Un abbaglio - se ho ben capito la critica - che consiste non tanto nel condividere o meno le tesi di Severino, ma nel ritenere sostanzialmente sovrastimato il valore di un confronto con il “racconto filosofico severiniano” che presenterebbe “un quadro concettuale limitato”, “soluzioni a buon mercato”, e che non si porrebbe sul “piano della critica storica e dell’analisi concettuale complessa”.
Eh sì. Perché se il bresciano Severino è semplicemente un heideggeriano lombardoveneto la premura ormai quasi trentennale dedicata alla raccolta di questo mio faldone di interventi, nonché la lunga fila di libri e saggi critici, saranno pur commoventi, ma anche il segno evidente di un patetico provincialismo.
Resta da capire come mai con Severino abbia incrociato le armi il fior fiore di filosofi. Tra questi – e voglio subito tirare l’acqua al mio mulino, ancora un po’ diroccato, ma stabilmente sistemato sulla sponda di sinistra - ben noto è il riconoscimento di Massimo Cacciari.

Bragaglio: una testimonianza sul sen. Piero Padula sindaco e politico

Mantengo particolarmente vivo il ricordo del sen. Piero Padula. Della sua acuta intelligenza in campo politico ed amministrativo, del suo impegno e della sua determinazione. Del valore da lui assegnato ad una parola data. Nonché della stima ampiamente riconosciuta, anche da avversari politici, come dall’allora Gruppo Consiliare del PCI e di cui posso dare testimonianza anche in qualità di Capogruppo. Altrettanto vivo è il ricordo di quel suo temperamento schietto e forte, anche se non sempre facile.
Una stagione di Sindaco (1985-90), in cui convergenze e scontri tra la maggioranza di governo, imperniata sulla DC, e l’opposizione del PCI possono essere iscritti nel quadro di rapporti politici che - soprattutto a far data dal 1975, con sindaco Cesare Trebeschi e l’esperienza delle “Giunte aperte” - hanno caratterizzato la storia amministrativa della Loggia ed il migliore municipalismo bresciano. Un tratto che ha costituito, e per interi periodi storici, un apprezzato denominatore comune delle forze politiche popolari. Al punto da far positivamente rilevare vere e proprie “storie parallele” dei protagonisti di quel municipalismo, quand’anche diversamente collocati sullo scacchiere politico.

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