La scomparsa di Cesare Trebeschi, avvenuta il 10 aprile 2020, alla venerabile età di 94 anni, ha suscitato vivide emozioni e profondo dolore non solo in quanti lo hanno direttamente conosciuto e frequentato: una perdita e un lutto che hanno coinvolto l’intera comunità bresciana da lui rappresentata in qualità di Sindaco per un intero decennio, dal 1975 al 1985. Una straordinaria lezione fatta di passione generosa, di impegno rigoroso e severo, di riconosciuta competenza e lungimirante visione. Potrei dire di autentico spirito di servizio, se l’espressione non fosse ormai logorata e da tempo sottoposta ad ipocrisie ed abusi. Una comunità che, pur non potendo prender parte alle esequie, a motivo dell’emergenza sanitaria, non ha mancato, attraverso le voci tanto di autorevoli esponenti della vita pubblica, quanto di anonimi cittadini, di rendergli un tributo di riconoscenza nel segno di una partecipazione condivisa e corale. Come ha annotato Giacomo Canobbio: “Ora tocca a noi fare memoria di un figlio […], di un servitore della città terrena che ha vissuto con passione e nello stesso tempo con il distacco necessario per chi voglia restare libero, condizione indispensabile per lasciare ai posteri l’eredità che è appello all’impegno”. Si affastellano nella mia mente i molteplici ricordi degli anni trascorsi con lui in Consiglio comunale a Brescia, su banchi allora avversari, da sponde politicamente divise, ma non a tal punto contrapposte da far perdere di vista il comune fondamento di una colleganza amministrativa: l’affezione alla nostra città. Un confronto serrato da lui condotto con determinazione certamente – un temperamento il suo fermo e saldo nella irremovibilità dei principi - ma pure una disposizione all’ascolto, ad un confronto fatto di rispetto come esito tanto di autenticità morale quanto di profonda interiorizzazione della regola democratica.
Etica e politica in Cesare Trebeschi - la testimonianza di Paolo Corsini
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