Ricordando i funerali di Lino Pedroni - la partecipazione commossa, le parole intense che sono state pronunciate, l’orgoglio di far parte della sua stessa storia antifascista, sindacale e politica - nasce in tutti noi una grande emozione ed una condivisione, ma anche un qualche interrogativo.
Della storia sua e di coloro che a Brescia condivisero quei percorsi durante la Resistenza, la Ricostruzione, le lotte operaie nelle grandi fabbriche che cosa rimane? Cosa può e deve rimanere per noi, compagni in tutto od in parte di quell’avventura, e quale sarà l’eredità pubblica condivisa da un’intera città? Storie e biografie che si concludono nell’oblio del passato o tuttora aperte alla speranza del futuro? Cosa possono ancora narrarci, oltre l’affetto della memoria, quelle numerose fotografie, disposte sul tavolo all’Anpi, nei giorni dell’ultimo saluto, che ritraevano il “partigiano Modroz” in mille iniziative antifasciste, sul Sonclino, nelle piazze del 25 aprile e, dal ’74, ogni 28 maggio in piazza Loggia?
Soprattutto, cosa potrà rimanere per le future generazioni, che non sia soltanto una storia straordinaria, ma col tempo anche a rischio di diventare sempre più antica ed in qualche misura pure estranea?
Su quest’ultimo tema una risposta di speranza è venuta dalle parole di Francesca Parmigiani nel suo ricordo al Vantiniano. Simbolicamente espressa anche in quell’impegno di Lino ad aprire l’Anpi stesso ai giovani, consapevole che libertà e democrazia non siano mai definitivamente acquisiti, ma che sempre vadano difesi e ricostruiti anche con l’impegno dei “nuovi partigiani” del futuro.