Il suo nome, nel partito, come un po’ per tutti noi allora, era il cognome. Quindi: il compagno Dalola.
Nel PCI, anche appena conosciuti, ci si dava confidenzialmente del “tu”, ma col cognome, preferibilmente. A maggior ragione nei confronti politici in sede di Direttivo o di Comitato Federale. Poi con l’andare del tempo si passò gradualmente, più o meno con tutti, al nome. Dava un maggior senso di familiarità, d’informalità e di comunità. Ma allora, a differenza di oggi, gli organismi dirigenti di partito erano regolarmente e frequentemente convocati: settimanalmente il Direttivo, mensilmente il Comitato Federale. Il lunedì mattina, poi, la “riunione di apparato”, ovvero dei funzionari, per definire impegni, campagne politiche, il “piano di lavoro” che registrava ogni giorno le riunioni nelle sezioni e relativa partecipazione dei funzionari, dei responsabili di zona o di settore. “Piano di lavoro” ben visibile a tutti sulla scrivania dell’organizzatore.
La politica, con la sua dialettica e i suoi scontri, si sviluppava direttamente nel partito, più che altrove. A livello di Federazione, come nelle Sezioni. Quella concreta attività era la vera “scuola di partito”. Ancor più dei famosi corsi – Frattocchie incluse – che pure si organizzavano, anche a Brescia, nelle sezioni o con corsi estivi, agli inizi degli anni ’70, a Cevo, a Collio o al Gaver. Quella la vera e quotidiana formazione d’un dirigente politico, da cui veniva la sollecitazione a studiare, imparare e a conoscere le realtà di fabbrica o dei comuni.