La stagione delle riforme istituzionali presenta un bilancio fallimentare. Ad un tale giudizio non si sottrae neppure il Centro Sinistra, considerando le proposte fatte per forme di governo - nazionale e locale - o per leggi elettorali. La causa più insidiosa d’un tale comportamento è quella di immaginare le riforme, più che dal punto di vista del Paese, in base a mutevoli interessi politici. Con “riforme” intese come varianti del consenso momentaneo per i partiti o – negli Enti Locali – anche per gruppi locali di potere, spesso trasversali.
Il giudizio critico riguarda le contraddittorie proposte di riforma avanzate sia per forme di Stato e di Governo, che per Regioni ed Enti Locali. Passando dalla Commissione Bicamerale del 1977, presieduta da D’Alema, alla Riforma costituzionale Renzi-Boschi. Della Commissione D’Alema s’è salvata solo la riforma del Titolo V della Costituzione, riguardante Regioni, Province e Comuni, approvata nel 2001. Mentre la riforma Renzi-Boschi è stata respinta nel Referendum del 2016, con il 60% di voti contrari. Bocciando quindi anche la scelta di sopprimere le Province, prevista in tale testo anche in chiave “anticasta”.
Provincia camuna? Valcam-exit: il localismo porta in un vicolo cieco (graffiti n. 321 - settembre/ottobre 2023) di Claudio Bragaglio
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