Riflessioni sul PCI bresciano, negli anni 1970-90
di Claudio Bragaglio
1) Vorrei sviluppare una riflessione sul PCI bresciano - dagli anni ’70 e ’80 – riletta alla luce d’un modello di “riformismo” territoriale. Un partito di lotta, ma pure di governo, con quelle due anime – spesso in tensione - che hanno albergato nel suo petto. Con peculiarità e contraddizioni da porre in controluce rispetto al più famoso riformismo tosco-emiliano, che ha rappresentato un modello per il PCI e PSI. Una rilettura per nulla eccentrica, pur con l’evidente diversità dei rapporti di forza, a partire da un sostantivo impegnativo – il riformismo - che merita però una precisazione estensiva parlando d’un PCI che aderisce alle pieghe sociali. Con l’ironia d’un Togliatti che vede nel PCI la “giraffa” che esiste pur sovvertendo le leggi della zoologia.
Il riformismo rinvia alla socialdemocrazia, ma non ci sfugge che il PCI abbia anche segnato la propria diversità da tali esperienze europee. Peraltro da parte dello stesso Enrico Berlinguer che pure ha costruito solidi legami con i dirigenti più prestigiosi della SPD tedesca.
Il primo chiarimento riguarda la rimodulazione critica del significato delle “parole”, ben sapendo il carattere camaleontico che spesso assumono in politica. Infatti esse non si auto-definiscono e vanno sempre sottoposte al vaglio critico della realtà.
Con non minor spirito critico vanno celebrate anche le “date” storiche. “Per la critica…” – Zur Kritik - dopotutto è ciò che più si addice allo stesso Marx. Al punto da non farci risparmiare neppure la storica data del 1921, quando nasce a Livorno un PCd’I segnato dal settarismo di Bordiga. Su cui Gramsci ha poi espresso un giudizio tranchant: “La scissione di Livorno… è stata senza dubbio il più grande trionfo della reazione” . Solo successivamente, ed in chiave antibordighiana, si formerà il PCd’I di Gramsci, al III° Congresso nel 1926, sulla base delle famose “Tesi di Lione”, con un partito che fuoriesce dal settarismo, contro un Bordiga “secondo il quale è indifferente che si trovi al potere Mussolini o Amendola” . Per non dire poi anche dei “Quaderni del Carcere”.