Quando gli anni scappano a decine, capita di passar in rassegna molti cimiteri: ricordo di aver ammirato con Mino, la sobrietà di quello della sua Orzinuovi, essenziale nelle epigrafi puramente anagrafiche, mentre a un tiro di schioppo i figli dolenti del defunto costruttore di orologi da campanile si premurano avvertire vivi e defunti “che continuano la ditta”. Costretto dalla professione a frequentare cimiteri e anticamere, Massimo Tedeschi (che peraltro nella sua monumentale, semiclandestina, storia del nostro Consiglio comunale non aveva dimenticato l’udienza) escogita un anniversario quarantennale: molti hanno festeggiato nozze d’argento e messe d’oro; ahimè, 40 pare richiami il numero della quaresima. Pochi mesi dopo quell’udienza Paolo VI sarebbe scomparso: col suo struggente pensiero alla morte la presagiva; dopo 40 anni come non legger quell’incontro come un testamento, un legato testamentario del gladiatore morente alla sua città?
In quell’occasione impressionò il suo penoso camminare come su sassolini: ben ricordo in altra udienza i fulmini dei segretari quando mia mamma si permise di dirgli ma santità, si sieda, faccia come fosse a casa sua! sassolini? era schiacciato da un macigno, il macigno del pontificato.