Un amico mi faceva osservare l’imbarazzante figura fatta da D’Alema nell’intervista sua con Alan Friedman e riportata da Dagospia, dal Fatto quotidiano…Lo ha fatto “perfidamente” – l’amico! - dopo la mia lettera aperta a D’Alema, ma ahimè pure “giustamente”. Touché!
Già, D’Alema. Con quel suo spropositato omaggio a se stesso, alla sua tenuta campagnola, a quel suo vino senza solfiti, al costo non proprio proletario d’un vecchio ulivo, ai denti aguzzi del suo cane…
A parte quel suo vino, che per principio berrei neppure sotto tortura, all’amico ho risposto che un esercito che si rispetti ha da salvare non solo i propri soldati, a partire dal soldato Ryan (che nella realtà era poi un burocrate di sergente), ma pure i propri generali. Sì, a partire proprio dal generale…D’Alema.