mi son chiesto – anche per la stima che ho per Lei – se prendere silenziosamente atto delle sue osservazioni critiche, o rispondere con garbo, limitandomi a dire che anche nelle polemiche pratico la “par condicio”. Quindi con lo stesso stile – apprezzato o meno che sia – per un calabrese od un valsabbino. Con le stesse ironie, cadute di stile o prese in giro…:, come Lei stessa – pungente - mi ricorda. A testimonianza mia porto l’esempio di varie polemiche con colleghi del Nord o del Sud, con i quali in generale mantengo rapporti di cordialità. Anche perché sempre – è la regola del ring – son loro a rispondere colpo su colpo…e di questo non mi dolgo per nulla. Fermandomi qui.
Ma, così facendo, non sarei del tutto sincero, perché mi è sembrato che Lei cogliesse un qualcosa di più e di troppo nel mio fastidio polemico verso il dottor Acri. Anche in quel mio voler violare il tabù con un provocatorio richiamo al “negher” e al “terù”.
E’ questo un aspetto delicato che non intendo aggirare, andando anche oltre l’inconsapevole Acri. Quindi anche oltre le sue bugie quando, dopo ben tre giorni, non gli è venuto di meglio che sostituire gli stranieri con delle ignare “famiglie arcobaleno” che, di colpo, son state da Acri persino espropriate della loro “italianità”. Che siano neri, gay o domani dell’altro per Acri sono le sgradite “cose colorate in giro”. E qui, parlando di persone, spero che lo svarione sia ascrivibile ad una sua sconcertante povertà di lessico. Laureato in medicina, si vede che sul resto, in Consiglio e fuori, si confonde.