PD:dopo la sconfitta il coraggio di una nuova strategia

                 

E' necessaria una qualche riflessione sul PD e su chi di noi s'è più volte sentito di urlare: "basta risse nel PD!". Ma con quali effetti? Dopo le tremende sconfitte - inizialmente persino negate - che hanno riconsegnato a Berlusconi molte nostre città e l'intero Paese, contro chi poi si potrà mai gridare senza ritrovarsi strozzato in gola un "urlo muto", come quello del famoso quadro di Munch?

Ciò che è inquietante del PD sono gli sbandamenti politici, l'assenza di una bussola, la fragilità di una guida politica. Le risse sono proprio la conseguenza, e non la causa, di un marasma che si va allargando.

Se il PD non ritrova una guida politica autorevole si ridurrà a poca cosa. Il 25 ottobre è stato un grido immenso per dare futuro al PD e non, come stolidamente è stato affermato, una legittimazione delle sbandate di questi mesi. Una fiducia sul futuro che non va tradita. A cui si risponde con la politica, non inventandosi nuove illusioni. Non si possono riproporre le ambizioni  irrealistiche, che hanno fatto nascere questo PD pagando prezzi esorbitanti, dalla fine prematura di Prodi, all'affossamento del tentativo di Marini. Per non dire dell'infausta idea di autosufficienza. Proprio quella bandiera elettorale sventolata per "andare soli e liberi", riproposta come una strategia, mentre il PD si alleava a Di Pietro e ai Radicali, respingendo improvvidamente i Socialisti. Una scelta che ci farebbe pure perdere quasi tutte le elezioni del prossimo anno.


 

Ora, di fronte all'ostacolo della collocazione europea, si propone una soluzione che era stata sostenuta dalla Sinistra interna del PD e che era stata respinta - ovvero quella di un soggetto politico "democratico e socialista". E' lo stesso nodo, aperto anche in Italia, di una articolazione visibile ed organizzata del pluralismo interno - dai cattolici popolari alla sinistra laica e riformista - che va  ripensato, perché oggi, così come siamo combinati, ci consegniamo solo alla nostra reciproca paralisi. Con dissipazione di rappresentatività sociali e di voti sui diversi fronti. Con il voto cattolico sempre più a destra ed una sinistra sfarinata. Quindi, va ripensato il PD come partito coalizionale, plurale, federato per culture e territori. Si discuta come e quando, ma di sicuro non il PD come rischia di essere oggi: bloccato, diviso, oligarchico e plebiscitario.

Senza un chiarimento di fondo sappiamo già quale potrà essere il  lento e sordo botto delle prossime campane. Che altro ancora debbono perdere i nostri mondi sociali, produttivi e del lavoro? Cos'altro deve inventarsi ancora la sinistra riformista e laica per poter sparire?

Il PD, qualunque sia stata l'opinione nostra in fase di formazione, ora va considerato un punto fermo. Risparmiamoci il ridicolo di reinventarci, un nuovo (il quarto, in quindici anni) cambio di partito. Ed è proprio questo PD che deve risolvere i propri problemi di strategia, della forma-partito e di un suo diverso posizionamento politico.

Per questo mi auguro che si ponga fine ad un eccesso di "finzioni", volendo far propria un'immagine di Borges. Finzioni, tipiche di un labirinto degli specchi e di cose che camminano a testa in giù. Non basta la "bella politica", che è arrivata a portare in Parlamento persino "l'incompetenza", così s'è detto, come titolo di merito.

Li si guardi bene in faccia Berlusconi e Bossi e ci si chieda se è per l'estetica giovanilistica che hanno vinto o non piuttosto per il fatto che hanno saputo rappresentare e guidare un blocco di interessi, sociali e territoriali. Il PD sul piano della rappresentanza e dell'identità politica cosa rappresenta per i cittadini, i lavoratori, i giovani in lotta nelle scuole? Intanto è rimasto muto di fronte a molti passaggi sociali e sindacali di questi mesi.

"Maggioritario" dev'essere lo schieramento di centro sinistra. Ciò significa costruire alleanze sociali e politiche, anche con forze di centro e relativo programma. Come a Trento, dove si è vinto. In quanto alla "vocazione maggioritaria del PD" essa è una aspirazione, ma non una politica realistica. Anche per questo va contrastato il referendum elettorale ipermaggioritario.

Per mettere fine al marasma dei litigi bisogna darsi una guida ed una politica vere. Una guida che abbia un'effettiva autorevolezza politica. 

D'Alema dice che si vuole occupare direttamente del partito. Era ora! E che si misuri con una sua proposta, contribuendo a rendere esplicito il confronto. Questo è anche il modo per disintossicarci dai veleni. E si coinvolgano iscritti ed organismi del partito e l'insieme delle realtà partecipative. Aperti anche alla sinistra democratica, che può guardare con interesse al PD. A quella impegnata sul fronte difficile delle fabbriche, della scuola e della sanità, e che non vuole certo finire sull'Isola dei famosi con Luxuria.

Meglio un confronto vero, piuttosto che assistere passivi e sbigottiti a quanto sta accadendo. Con un "urlo" che finora solo per carità di patria è rimasto strozzato. Ma anche sempre più disperato.


 Claudio Bragaglio

 del Comitato Nazionale

 Associazione "A Sinistra nel PD"

 

5 dicembre 2008

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