L’occasione, fortuita come un fuorionda, s’è presentata a Librixia durante la presentazione dell’intrigante thriller: “Lo stiletto d’argento” di Alessio Merigo, accompagnata dalle interessanti riflessioni dei “discussants”, Anita Ronchi e Carlo Piccinato. L’Autore aveva richiamato, con riferimento alla trama ed all’incipit del libro, la “teoria dei giochi” di John Nash.
Un Nobel per l’economia da Merigo stesso incontrato nel 2008 a Brescia, invitato per gli incontri con i “Premi Nobel” dall’Istituto ISEO. Ma alla trama del thriller – con scontato assassinio – inaspettato è stato l’accostamento anche di avvenimenti politici recenti. Con rimandi a vittime - tra queste anche il PD - con acidità di commenti anche tra i presenti al dibattito in Piazza Vittoria. E persino con un improvviso e rumoroso scroscio d’acqua sul tendone a far da sfondo, con qualche brivido.
Telefonate, mormorii, commenti tra un volantino e l’altro distribuiti in una strana campagna elettorale, con dubbiosi sospiri anche di sacrestia che ancor più mi indispongono… sul “chi?” dopo il 25 settembre: Letta, Bonaccini, Decaro dell'Anci nazionale,…O con domande espresse un po’ alla larga, anche tra una sinistra incerta, con risposte del tipo: sai…bisogna vedere dopo il 25... Ma chiedendo, tanto per tastare gli umori, che si pensa dell’intervista di Bonaccini sulla Repubblica di ieri...
Per quel che mi riguarda mi ripeto ormai all’infinito, con cose che ho già detto e stradetto senza appellarmi al silenzio più ipocrita del famoso “quinto emendamento”. Od un “vedremo…vedremo”, dando così fin d'ora un segnale d’incertezza sul futuro!
Che vada bene o meno al PD dopo il 25 settembre penso invece che ci debba essere solo Letta, come segretario, se vogliamo tenere insieme il PD, con la schiena dritta, ed aprirci una via nuova e di svolta, per ricostruire ciò che in questi anni abbiamo dissipato. Congresso o non congresso…che sia. Perché il PD – comunque vada – non si troverà in una situazione normale. Per il Paese in crisi e per se stesso. Dopo che il gruppo dirigente attuale del PD - in grande misura è pure quello precedente - ha già cambiato una decina tra segretari e reggenti, che in 10 anni (dal 2008 al 2018) ha perso 6 milioni di voti dei 12 che aveva nel 2008, che ha fatto e disfatto varie leggi elettorali, compreso uno “sciagurato” Rosatellum, che ha gradito le liste bloccate mentre si predicavano le primarie, che è nato come partito maggioritario e si ritrova minoritario e per giunta senza alleanze e…via via elencando.
Chi cerca in Letta un alibi per le nostre difficoltà neppure si rende conto che trascina con sé la valanga che lo travolge! Che ci travolge. Neppure il “partito dei Sindaci” si salva dalle corresponsabilità perché ha votato compatto nei Congressi vari Segretari ma che fossero i vincenti, nonché tutte le varie politiche nazionali…compresa l’idea di un partito ipermaggioritario e solitario...mentre gli stessi Sindaci vincevano invece nei loro Comuni - e per fortuna nostra! - praticando una politica opposta. Ovvero – come a Brescia – con coalizioni molto ampie e con un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza. Facendo giustamente mediazioni sociali e civiche a non finire, mentre a livello nazionale si teorizzava persino la disintermediazione…con forze sociali e sindacati all'angolo!
In questa campagna elettorale – il cui esito riguarderà anche la Loggia - il “modello Brescia” è motivo di grande interesse per le sue realizzazioni. Il Termovalorizzatore è un esempio nazionale anche per gli onn. Renzi e Gelmini. In occasione del Forum Ambrosetti di Cernobbio la politica energetica di A2A, player nazionale, con le valutazioni dell’AD ing. Mazzoncini, perno d’una economia circolare. Un Metrò all’avanguardia della mobilità sostenibile, presto integrato con il Tram proposto dall’assessore Manzoni. Una A2A, nata tra Brescia e Milano, con servizi di prim’ordine e risorse dai 50 ai 70 mln di euro annui per il Comune capoluogo, con un dividendo frutto della fusione di ASM con AEM.
Che la Destra tenti il salto su questi carri in velocità non sorprende. Ma si dà il caso che il Centro Destra bresciano – tutto od in buona parte - su tutte queste scelte s’è schierato contro. Proprio così! Storia ormai sepolta? Tutt’altro. Perché essa ci dice di partiti, ceto politico ed eredi che, pur con diverse nomenclature, sono in campo ancora oggi. L’on. Paroli ha richiamato in questi giorni la sua Giunta in Loggia. Già…ma sorvola sul dettaglio che son bastati solo 5 anni per ritrovarsi con il suo vicesindaco Rolfi all’opposizione. E che nel decennio di Del Bono un ulteriore lungo cammino è stato compiuto, come in questi giorni il Sindaco ha efficacemente illustrato anche negli incontri con il ministro Orlando ed il segretario del PD, l’on. Letta.
Si prenda il Termovalorizzatore, proprio quello d’una motivata polemica che vede Brescia contrapposta ai gravi ritardi di Roma. Già, ma non può farla il Centro Destra bresciano, perché la Lega Lombarda, per voce del capogruppo Molgora (poi Presidente della Provincia) e l’allora MSI-AN in quel decisivo Consiglio Comunale del 28 luglio del 1992, votò contro.
La Presidenza della Repubblica ha revocato “per indegnità” le onorificenze attribuite all’ex Prefetto di Brescia, dott.ssa Narcisa Brassesco. La vicenda ha riguardato interventi del Prefetto per favoritismi personali riguardanti un imprenditore bresciano. Non intendo infierire sulla persona della dott.ssa Brassesco, ma evidenziare responsabilità di vari soggetti politici, istituzionali e di alcune categorie per sostegni e silenzi nel corso dell’intero arco della sua controversa presenza a Brescia. E per un tempo – per ben sei anni – tra i più estesi per un prefetto nella stessa città, dal 1860 fino ad oggi! Con una riflessione che possa essere un “memento” anche per le istituzioni pubbliche locali, e non solo…prefettizie.
Molte le vicende all’insegna di scorrettezze ed incapacità. Tra queste, si pensi all’improvvida accoglienza inscenata dal Prefetto, per il ministro Bossi in vacanza a Ponte di Legno, con imbarazzanti fotografie di questa sua scampagnata montanara.
Ben nota la vicenda della scuola di Adro, tutta disseminata di simboli della Lega – col “Sole delle Alpi” – e lo scandaloso mancato intervento del Prefetto. Con l’Interrogazione nel 2010, al Ministro dell’Interno on. Maroni, promossa dagli onn. Corsini e Ferrari che sollecitavano il trasferimento del Prefetto. Con l’on. Maroni ed i Parlamentari della Lega in difesa del Prefetto, come fosse un proprio esponente di partito.
La vicenda drammatica, nel 2010, della “Gru di S. Faustino”, con il Prefetto che - per consenso generale - venne esautorato dal Questore dott. Montemagno, e sulla base d’una regia condivisa - con Sindacati Cgil e Cisl, la Chiesa con padre Toffari della Caritas, Rappresentanze di immigrati e Magazzino 47 – si evitò una possibile tragedia.
I gravi tafferugli, nel 2013, in occasione del comizio di Berlusconi in Piazza Paolo VI, dovuti all’improvvida gestione del Prefetto. Ma l’on. Saglia sottosegretario respinse allora la richiesta di immediate dimissioni del Prefetto, anche se…son convinto… ch’egli abbia maturato ormai da tempo un’opinione opposta.
Per non dire poi dell’inaugurazione del Metrò con tutta Brescia, Autorità istituzionali, aziendali e religiose, con il vescovo mons. Monari. Unica assente la dott.ssa Brassesco, con voci ricorrenti ed imbarazzate di impegni suoi non istituzionali, ma personali per un’esposizione “fashion” in quel di Parigi.
E via elencando. Queste ed altre vicende hanno trovato nel Centro Destra una difesa politica come mai è avvenuto a Brescia verso alcun Prefetto. Quindi con modalità del tutto avulse dalla storia nostra.
Condivido il voto unanime che il PD ha espresso per i Referendum sulla giustizia: 5 NO, con possibili distinzioni personali. Anche da Presidente della Direzione Lombarda del PD ho molto apprezzato linea e capacità unitaria del Segretario Letta, come pure il senso di responsabilità delle varie componenti del PD. Un segnale forte che riguarda non solo i Referendum, ma le difficili scelte a sostegno del Governo Draghi e per la drammatica guerra in Ucraina.
La riflessione svolta sia in Direzione regionale che provinciale dall’on. Alfredo Bazoli ha poi evidenziato il rilevante contributo da lui dato per questa soluzione come Capogruppo PD nella Commissione Giustizia.
Ma mi interrogo se, ben oltre i quesiti, non sia il caso di spingersi con coraggio ai confini d’una ulteriore riflessione che esprima una contrarietà anche alla radice politica di quei Referendum.
Che la stagione dei Referendum – dal 1974 sul divorzio in poi - sia stata molto positiva per lo stesso sistema democratico è di tutta evidenza. Ha rotto anche i sigilli arrugginiti d’un sistema bloccato. Ma, a volte nella storia, sullo stesso tronco di grandi operazioni di partecipazione, se ne innestano anche di opposto segno. Il virus del populismo è la conferma di tutto ciò. Così, o per scelte di valore o per strumentalità di vario tipo sono stati promossi, dal 1974 ad oggi, ben più di cento quesiti per 67 Referendum. Con obbiettivi certo tra loro contrastanti, ma segni anche d’una inflazione referendaria che dice d’una crisi della politica e non solo d’una effettiva partecipazione civica. Come quando negli ingranaggi dell’economia si butta anche “cattiva moneta”, non per produrre ricchezza, ma per svalutarla con l’inflazione a danno delle classi sociali meno abbienti. Quindi, al di là dei formalismi da legulei, i vari Referendum vanno ben valutati e tra loro distinti per merito ed opportunità. E se sono trappole politiche ben congegnate, l’interrogativo non dovrebbe limitarsi al dubbio se infilarvici il dito oppure no.
Voto NO o NO voto? In talune occasioni, quindi, riterrei del tutto legittimo e motivato, per l’elettore, anche il non partecipare al voto. E, nella coincidenza con il voto amministrativo che ora ci riguarda, il non ritirare le schede del Referendum, per non concorrere al quorum.