Partito

PD: un Buon Natale, con un qualche ritorno a...Canossa!

A Natale, in giornate d’infinita bontà, non si dovrebbe mai dire che per taluni è anche un salutare …ritorno a Canossa. Ma pensarlo - anche solo pensarlo, perché ci si è quasi costretti - di sicuro non è un peccato.
La fila di correzioni e di correttori del PD originario del 2005-7 ormai è fin troppo lunga. Quasi imbarazzante. Taluni correttori, usciti dalle porte, ti entran ora persino dalle finestre. Quindi adesso mi verrebbe da dire...non esageriamo. Senza PD crolla tutto, quindi: salvare a tutti costi il PD. Ma per un nuovo PD, questo è l'obbiettivo.
Finora il punto in cui siamo arrivati con correzioni e correttori nel PD, più o meno, è questo.
Basta PD solitario, a vocazione maggioritaria e senza alleanze.
Basta definire le coalizioni simil-uliviste il male del PD e della sinistra (copyright Orfini).
Basta Statuti che stabiliscano che un Segretario del PD è per forza pure il Capo di Governo.
Basta esagerare con Primarie, se intese addirittura come il "mito fondativo" del PD.
Basta sistemi elettorali, ipermaggioritari e Parlamentari nominati in Parlamento, per poter confezionare un forzato bipartitismo e con Parlamentari come “pretoriani”.
Basta bandiere del liberismo in prima fila.
Basta disintermediazioni sociali, pensando di poter far a meno delle rappresentanze del lavoro e dell'impresa.
Basta PD iper-leaderista e personalista, opposto ad un PD plurale e federativo.
Basta frullati indigesti nel PD, ancorché nuovisti, pur di far sparire nel partito Sinistra riformista, Cattolicesimo democratico, Civismo ed Ambientalismo
Basta rottamazioni, confidando anche sulla ragionevole "conversione" dei rottamatori.…e via via elencando in lungo ed in largo.

Bragaglio: in gioco non solo un congresso, ma la vita stessa del Partito Democratico

La situazione che si è creata con il ritiro della candidatura di Marco Minniti è particolarmente critica per il PD. Soprattutto per le motivazioni allarmanti che l’hanno motivata e riguardanti il rischio concreto di nuove scissioni e lacerazioni. Comunque la si pensi va reso un sincero omaggio alla serietà, alla affidabilità ed all’impegno di Minniti.
Le notizie contraddittorie che si erano accavallate da giorni ci sembrava fossero positivamente rientrate con la rinnovata disponibilità che Minniti aveva peraltro confermato proprio martedì, qui a Brescia. Accolta da parte mia, come immagino da parte di molti, come una buona notizia per l’insieme del PD.
Per quanto mi riguarda, nel sostenere ormai da mesi la candidatura di Nicola Zingaretti, ho sempre nel contempo ritenuto che fosse altresì indispensabile andare oltre la contrapposizione tra renziani ed antirenziani attraverso una reciproca legittimazione dei tre più significativi candidati: Zingaretti, Minniti e Martina. Con una legittimazione sostanziale e non di quelle ipocrite e formali. Al punto da ritenere prioritario questo loro comune impegno per il futuro del PD anche rispetto alla vittoria di ciascuno dei tre diversi candidati.
Sono infatti momenti drammatici in cui è il tutto d'un partito che deve prevalere sulle singole pur legittime parti. E questo per una sola e precisa ragione: l’oggetto vero di questo Congresso non è la vittoria di uno o dell’altro di questi tre candidati, ma è la salvezza del PD e d’un progetto di alternativa basato sul centro sinistra. D'una possibile alternativa per il Paese davanti al baratro nazionalpopulista.


Salvare il Pd uscendo dal contrasto tra pro ed anti Renzi

Salvare il PD. Anche da se stesso, oltre che dalla paralisi che lo attanaglia dalla sconfitta del Referendum (2016) in poi.
Questo per me è l’imperativo ed il “perché” è presto detto. L’alternativa al disastroso governo Lega-M5S non può che esser costruita con il PD, non già senza il PD e tantomeno contro.
Il mio non è un canto partigiano. Non avrei neppure l’intonazione giusta, viste le critiche rivolte al PD, già in fase costituente e senza aver atteso Renzi. Che peraltro ho ritenuto un “figlio legittimo” di quel PD. Contrariamente a chi dell’anti-Renzi ora se ne fa pure un alibi per nascondere i propri errori precedenti.
Ma è il “come” del salvataggio il nodo più complicato.
C’è chi sostiene – candide anime – il ritorno al PD delle sue origini. Se si allude alla “Carta dei valori” ci sta. Ma se invece ci si riferisce alle scelte politiche, mi pare che ci stia ben poco. Mito delle primarie, vocazione maggioritaria, bipartitismo, indulgenze neoliberiste, il capo partito come capo di governo… una sequenza di scelte ormai archiviate. Dopo dieci anni senza una sola vittoria nazionale, persino quando il PD alle elezioni è giunto primo.


Segretari Pd: perchè è positiva la scelta di Peluffo in Regione, Zanardi in Provincia, Gaglia in città

In risposta alla intervista di Giorgio De Martin
Ho letto con tutto l’interesse che merita l’intervista di Giorgio De Martin (Giornale di Brescia, 8.11.18). Sorvolo volutamente gli aspetti polemici, per concentrarmi su quelli politici. In parte condividendoli, in parte no. Condivido le valutazioni riguardanti il successo del PD e del Centro Sinistra in Loggia con Del Bono sindaco. Lo sforzo unitario e l’impegno d’un PD in città diretto dallo stesso De Martin. Ed altro ancora.
Su altri passaggi ho un’opinione diversa. Le “componenti” interne al PD sono previste nel PD, che è un partito pluralista e non leninista. Né grillista, né berlusconiano. Si vota al Congresso per mozioni, su diversi candidati e sulla base di queste si compongono gli organismi dirigenti (unitari o in base a maggioranza/minoranza) con i voti degli iscritti. Il PD non ha mai voluto regolamentare le componenti in modo trasparente (finanziamenti, rappresentanze…), questo il problema. E la relativa confusione. Con la Leopolda, per esempio, e tutti quanti poi con le proprie “Leopolde e Leopoldine” del caso. A Roma come a Brescia. Tutti ordinatamente contro le correnti, nel tentativo di far fare brutta figura ma alle correnti degli avversari. Con limitatissime eccezioni.




BRAGAGLIO: PER UNA DIALETTICA UNITARIA AL CONGRESSO PD Valutazioni sulla vicenda delle candidature a segretario di Mottinelli e di Zanardi

Nel prendere atto della dichiarazione dell’amico Pierluigi Mottinelli penso si debba ringraziarlo ed apprezzare le motivazioni della sua scelta. Decisione non facile – tra segreteria del PD e candidatura europea – ma che, per come si è svolto il confronto al “Tavolo” , convocato dal segretario Michele Orlando, era stata ritenuta dai più una scelta indispensabile.
Potevano esserci percorsi e decisioni anche diversi? Può darsi. Anche perché il clima unitario interno al PD bresciano, a maggior ragione dopo la grande vittoria in Loggia di Emilio Del Bono, è reale e poteva far maturare una convergenza su un solo candidato.
In questa stessa direzione si è opportunamente mosso anche il Sindaco Del Bono, con la proposta da lui autorevolmente avanzata. Ben interpretando così gli auspici di molti, compreso il sottoscritto. E come al Tavolo in effetti poi è avvenuto con l’unanimità dei consensi sulla candidatura a segretario PD di  Mottinelli. Non è un caso, infatti, che si è decisa una delegazione per sottoporre tale scelta allo stesso Mottinelli.

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