Il ‘No’ è presto detto: è probabilmente una scelta elettorale perdente.
Il ‘SI’ è un po’ più complicato. Richiede un giro di riflessione piuttosto lungo, che ha a che fare con l’onda dei populismi e dei radicalismi. Al plurale, sempre. Perché nella storia anche recente non esiste populismo o radicalismo al singolare. Stando sul versante della sinistra Spagna, Grecia e la stessa Italia, con il M5S, ci dicono di un populismo/radicalismo figlio della crisi economica e della rottura degli equilibri geopolitici. Dell’incapacità del riformismo socialista-progressista di farvi fronte. Dell’Europa stessa, nello scacchiere mediterraneo, con guerre e migrazioni bibliche. Il tutto ben prima di Renzi.
Le risposte? Più o meno tutte in una rincorsa al ‘centro’. O con governi di solidarietà o con partiti che – come il PD renziano – inseguono il ‘centro’. Per identificarsene come 'partito della nazione'.
Mi si obietta: il solito politicismo. Stupidaggini. Cinici propagandisti od anime candide all’unisono ripetono sempre il solito 'refrain': prima i programmi, poi ne consegue il posizionamento politico ed elettorale.