Partito

PD e Provincia - I perché dei NO all'intesa

Nella vicenda della Provincia si è riflessa la “schizofrenia del Centro politico” che mi ha riportato ad anni lontani del Comune di Brescia, riletti oggi nel pregevole libro di Pierangelo Ferrari :.“Brescia 1991-1994. Quando tutto finì e tutto cominciò”. Pur con evidenti diversità di situazioni e nel livello dei protagonisti. Ma con un punto in comune che ha visto la Sinistra contrapposta – in alcuni momenti decisivi – proprio all’area Cattolica democratica, che a Brescia è una storica alleata. Con autorevoli Sindaci, infatti, si sono poi realizzate scelte molto importanti. Dalla “Giunta aperta” con Trebeschi, poi con Padula, dall’Ulivo “ante litteram” con Martinazzoli, poi con Delbono.
Ferrari ricostruisce molto bene le scelte decisive e di lungo respiro. Ma, nel contempo, evidenzia anche alcune scelte della Sinistra (PCI-PDS), ma fatte in contrasto con la Sinistra DC e poi, nel ’94, con il PPI di Martinazzoli. Periodo complicato, dal 1990 al ’94, con ben tre elezioni in Loggia

La prima di queste diverse decisioni ha riguardato l’elezione a Sindaco di Paolo Corsini, nel ‘92. Che vide la convergenza con Prandiniani e Craxiani, i più lontani dal PCI/PDS. Ma pure contrarietà o freni da parte proprio della Sinistra DC, nonostante essa avesse già bruciato le proprie alternative nel dopo-Padula, da Gorlani, al repubblicano Corda. Pur sapendo che le “Sinistre consiliari”, disponevano dei due voti decisivi - in extremis - per evitare il secondo scioglimento del Consiglio.
La seconda divisione si è consumata nel ‘94. In gennaio era nato il PPI di Martinazzoli. Ma in Regione Lombardia era stata messa in crisi la Giunta della Presidente Ghilardotti, cislina ed iscritta al PDS. Con la nascita poi d’una Giunta regionale con Presidente il leghista Arrigoni e, con Vice, il bresciano Marchioro del PPI. Quindi il neonato PPI insieme con la Lega di Bossi! Anche a Brescia – contro il sindaco Corsini - c’era chi puntava su un sindaco…leghista! . Il PDS - in tre giorni tre – ha fatto saltare tale…trappola. E con la contrarietà del PPI, nostro alleato in Giunta, porta allo scioglimento il Consiglio Comunale. Con l’epilogo – dettagliato da Ferrari - che ci porta a Martinazzoli Sindaco e poi all’Ulivo di Prodi.

Tutto ciò per dire del dovere anche d’una rottura – che sian gli amici di ieri od i loro nipoti di oggi – se si è convinti d’un errore. O, peggio, d’un disegno alternativo al Centrosinistra. Come quello sostenuto col motto: “chi ci sta…ci sta”, ovvero anche con la rottura del PD e del Centrosinistra, pur di fare un accordo di potere con la Destra in Provincia. Quindi, con una linea opposta alla Segreteria Schlein ed allo stesso Congresso PD di Brescia.
Le Province – con la sconfitta del Referendum del 2016 che voleva azzerarle – sono rimaste soggetti costituzionali come i Comuni e le Regioni. Mentre è la legge Delrio del 2014 che sopravvive, ma ormai come uno…zombi!



Basta «Podestà» in Provincia. Per un'alternativa politica ed anche per il voto dei cittadini

 
Molti sono increduli del percorso che ci porterebbe in Provincia all’alleanza con la Destra bresciana e ad una rottura profonda nel PD e con la Sinistra.Si tratta di un progressivo scivolamento senza freni gestito al di fuori dagli organismi dirigenti del PD, con una Direzione Provinciale non convocata da 5 mesi. Un progressivo scivolamento rispetto al punto iniziale che immaginava una ripetizione di “gestioni unitarie” precedenti in Provincia, ma allora gestite con maggioranze e presidenze di Centro Sinistra, con nessun ruolo significativo del Centrodestra. Fino alla Presidenza di Moraschini.Ma nel frattempo tutto è cambiato. Con la vittoria di FdI e Meloni, con il ridimensionamento anche a Brescia dell’area centrista del Centrodestra. E’ stata poi accantonata la situazione, pur immaginata, di un possibile risultato, alle elezioni provinciali bresciane, di un pareggio di 8 ad 8 consiglieri e d’un Presidente come Moraschini in…stand by.Ma con la sconfitta del Centrosinistra la situazione si è radicalmente cambiata con 10 seggi attribuiti al Centrodestra, 7 al Centrosinistra.Con una “fecondazione extracorporea”, rispetto ai partiti interessati (compreso il PD), si è tentata da parte di alcuni dirigenti del PD una operazione che poteva anche avere una qualche “chance”, con la parte centrista del Centrodestra da protagonista e con la garanzia dell’unità di tutto il Centrosinistra unito. Con “Bene Comune”, ovviamente incluso. Un azzardo che in una logica continuista, come è avvenuto anche in alcune Province, poteva essere pure “tentata”. Ma non al buio, con una Direzione Provinciale del PD neppure convocata ben 5 mesi!In realtà in un clima…nebbioso, si è poi tentata un’operazione neocentrista. M’è pur scappato di dire - absit iniuria – pure: neodemocristiana, pensando ai protagonisti d’una tale operazione.Il percorso, però, si è poi scontrato con un quadro che a Brescia in questi mesi si è letteralmente rovesciato. E che ha travolto tale tentativo, ma con taluni ancora oggi che non vogliono prenderne atto. Ed ha riguardato i rigurgiti neofascisti a Brescia, che ha coinvolto candidati e consiglieri di FdI, divisioni in Loggia, il protagonismo leghista della segretaria Sisti, per affermare la candidatura in Provincia di un proprio vicepresidente, non come il Sindaco di Concesio, ma nientemeno di Rolfi, a capo della contrapposizione frontale in Loggia contro Castelletti. Per non dire poi dei 5 mesi di imbarazzanti di svagata inconcludenza di Moraschini...

Riflessioni sul PD e il Convegno dei Cattolici


Il Convegno di Milano del 18 gennaio, promosso da Cattolici democratici, mi si associa ad un Mogol-Battisti: “Io vorrei…non vorrei…torno già a volare, le distese azzurre, le discese ardite, e le risalite, e poi giù il deserto…”. Più volte infatti l’area cattolica ha posto un problema reale nel PD. Pur con quel mogoliano: “ancora in alto, con un grande salto”,… ma che poi non vien mai fatto. Ricordo, l’anno scorso, la polemica di Castagnetti con Schlein
Eppure il Congresso PD aveva offerto ai cattolici varie opportunità per evitarsi un…”e poi giù il deserto”! Ma che si son tradotte nel sostegno gregario alla candidatura di Bonaccini, convinti d’una sua vittoria. Per poi scaricarlo, dopo la vittoria della Schlein.
Ma tale situazione è analoga alla paralisi della Sinistra del PD. Atene piange, ma Sparta non ride. Nel tempo il PD ha fatto scelte sbagliate. Nel 2007 il bipartitismo di sistema, con un PD a vocazione maggioritaria che poi si ritrova ora poco sopra il 20%, ma con una decina di punti in meno della somma di Ds, Margherita ed altri soci fondatori. E con una scalcinata alleanza con il duo Renzi-Calenda e con il fu Grillo-Conte del M5S!
Vi sono fondamenta che non reggon più. Ripartendo – ahimè - dai lontani anni ‘90. Dalla scelta d’un bivio sbagliato. Infatti, alla crisi di sistema dell’89 il PDS di Occhetto rispose con i “Progressisti”, ma contro il PPI di Martinazzoli, nel voto del ‘94. Entrambi sconfitti da Berlusconi. L’errore di quella scelta – mutatis mutandi – s’è diramata nell’Ulivo, fino ad oggi. Infatti si son rimosse le rispettive “originalità” del Cattolicesimo popolare e della Sinistra italiana, espressione di diversificati mondi sociali. Si tratta di quel “caso italiano” che non era una arretratezza in Europa. Anzi. Ripensando ancora oggi a Berlinguer e Moro...
Si dirà, ma da Brescia in Loggia con Martinazzoli e poi con Prodi in Italia la risposta è stata l’alleanza dell’Ulivo. Non è proprio così. Infatti nell’Ulivo, quasi fin da subito, s’è aperto un divario tra un futuro Partito Democratico (Prodi) ed un Partito Socialista (D’Alema). Mentre l’Ulivo rimaneva come alleanza, ma solo a livelli territoriali. Anche per la schizofrenia delle leggi elettorali del ’94 (dal Mattarellum in poi) che favoriva due opposte prospettive. Quella delle alleanze negli Enti locali e il bipartitismo maggioritario in Parlamento. Infatti la crisi dell’Ulivo nel ’98 è stata tutta politica. Ed acuita dalla proposta di referendum a favore d’un rigido bipartitismo. Con la ghigliottina annunciata per vari partiti. Compresa “Rifondazione”, che quindi rovesciò il Governo.
E lo si vede bene in Lombardia. A Brescia. Il bipartitismo ha depotenziato un Ulivo plurale, fatto di alleanze politiche, civiche e sociali. La famosa “disintermediazione” politica di Renzi è arrivata buon ultima! Ma non da lui inventata...



Le ragioni di un NO, ancor più chiaro, all'accordo con la Destra in Provincia

Contro l’iniziativa squadristica di Brescia si sono levate voci di sincera e preoccupata contrarietà. Da parte di tutte le forze democratiche. Dell’antifascismo sociale, civico e politico. Con l’indizione di una manifestazione per venerdì 20, alle ore 17.30, di fianco a Piazza Loggia. La gravità di simili fatti ci induce ad una riflessione anche sulla contiguità dei rapporti di tali  organizzazioni con la Destra nazionale. E pure con quella bresciana. Più volte - e da più parti -  è stata richiamata la gravità della scelta della intitolazione del Circolo Cittadino – in particolare giovanile ed universitario  -  di Fratelli d’Italia a Pino Rauti. Ovvero al fondatore di quell’Ordine Nuovo, con le ben note sue pesanti corresponsabilità nella vicenda della strage di Piazza Loggia.  E questo – col pieno consenso del Presidente di FdI, Diego Zarneri - proprio nella città del 28 maggio! Un fatto – un oltraggio! - da dover considerare nella sua gravità anche nella valutazione di un PD e di un Centro Sinistra  che propongono per il Broletto un accordo politico con un tale Centrodestra  e per una gestione condivisa della Provincia. Un accordo, peraltro, con un Centrodestra con posizioni del tutto maggioritarie rispetto ad un minoritario  Centrosinistra!
Dicevo dei Comunicati del tutto allineati: unanimi, indignati, allarmati. Ma vi dev’essere poi un qualche ragionevole nesso tra tali Comunicati e le scelte politiche? Penso proprio di sì. Non solo a Roma, ma pure a Brescia. Infatti si dà il caso che alcune delle organizzazioni che hanno promosso tali manifestazioni squadristiche in varie città hanno anche  un rapporto con la Destra che vien poi candidata e siede nei nostri Consigli  Comunali.  Anche a Brescia. Candidati ed eletti che sostengono ora la Lega, ora Fratelli d’Italia, ora entrambi.




Un no chiaro all'accordo col Centrodestra in Provincia

Dalla lettera inviata a: Segretaria nazionale, Elly Schlein, Segretaria regionale, Silvia Roggiani, Presidente Direzione regionale, Barbara Pollastrini, Segretario provinciale di Brescia, Michele Zanardi
                                               
Ho deciso di inviare questa “lettera aperta” anche ai nostri Dirigenti per comunicare il mio “strappo politico” con il PD, in particolare bresciano. Ed in ragione delle varie iniziative assunte per ricercare l’accordo con il Centrodestra per la Provincia di Brescia ho deciso di rendere pubblico la mia contrarietà. Scelta per me estrema e dolorosa, anche considerando i miei 53 anni d’una ininterrotta appartenenza politica – di militante e di dirigente, dal PCI al PD - avendo sempre apertamente contrastato scissioni e defezioni, subite in questi anni anche dallo stesso PD. Una scelta motivata e resa per me necessaria per il percorso intrapreso, ma senza alcun mandato della Direzione provinciale che a fine agosto (e non più convocata) si è limitata a votare le Liste dei candidati per il voto in Provincia. Non altro. Mentre in questi tre mesi e pubblicamente si è proceduto con l’obbiettivo di costruire un accordo politico con il Centrodestra. Oltretutto in presenza d’un PD e d’un Centrosinistra, con posizioni minoritarie. Stante il fatto che le elezioni hanno espresso un rapporto tra 7 e 9 consiglieri, che diventano poi 10 per il Centrodestra, con il Presidente della Provincia di area FdI.
L’esito di quattro Congressi del PD (nazionale, regionale, provinciale e cittadino) è stato chiaro. Con Congressi vinti con la piattaforma della Segretaria Schlein ed all’insegna dell’alternativa al Centrodestra, con PD e Centrosinistra uniti.  Ma se tutto ciò mette poi capo nella Provincia di Brescia - la più grande (al netto delle aree metropolitane) della Lombardia e pure del Paese  - ad un accordo politico col Centrodestra, da noi stessi ricercato e che sta destabilizzando PD e Centrosinistra, vuol dir che siamo di fronte ad una insostenibile  doppiezza. Meglio: ad un deragliamento! Riferito non già e solo a calcoli “governisti” per deleghe affidate a singoli eletti, ma anche a possibili rapporti ed intenti “neocentristi” tra Centrodestra e Centrosinistra, di cui essere consapevoli. E che peraltro stanno dentro ad una parte problematica anche della storia politica bresciana. Ma non solo, viste le iniziali aperture di settori PD verso la candidatura in Regione della Moratti.  Scelta che di sicuro non sta – non ci può stare! - nell’esito d’un congresso del PD che ha visto a Brescia il 61% in provincia ed il 73,7% in città a favore della Segretaria Schlein..…se tali voti li si vuol rispettare. E visto che, in una recente riunione, l’Area Schlein  si è pronunciata, nella sua ampia maggioranza, in termini di contrarietà ad un accordo con il Centrodestra.





Netta contrarietà ad un accordo del PD con la Destra in Provincia

Netta la mia contrarietà ad un accordo tra Centrodestra e Centrosinistra in Provincia. Un conto è una situazione obbligata dalla parità di 8 a 8 consiglieri, mentre del tutto opposta invece una posizione minoritaria di 10 a 7 per il Centrosinistra. Quindi in ginocchio, nell’alleanza con un Centrodestra maggioritario!
Ci troviamo oggi in una fase diversa dalla “Casa dei Comuni” che prevedeva poi il superamento delle Province come “Enti di area vasta”. Fallita la legge Delrio in un prossimo futuro ci si ritrova in campo, ma con nuove Province ed il voto dei cittadini.
Chi propone oggi la gestione unitaria è fermo alla coda del percorso precedente. Quindi non è proiettato verso la prossima fase d’un Centrosinistra contro il Centrodestra. Oppure intende fin d’ora sperimentare – qua o là in giro per il Paese - un possibile “nuovo campo centrista”. Tertium non datur! “Nuove cose” che nel PD si eran già affacciate quando non ci si immaginava la vittoria al Congresso della Schlein. O il risultato delle elezioni europee e delle regionali in Emilia e Umbria. Ma con un qualche segno premonitore, anche in Lombardia, col tentativo di aperture nel PD verso la candidatura in Regione della Moratti.


Provincia di Brescia: un bivio obbligato tra Centro Destra e Centrosinistra

E’ opportuna un’attenta valutazione sulla vicenda della Provincia nel PD e nel Centrosinistra. Emilio Del Bono ha proposto un patto per una gestione unitaria tra Centrodestra e Centrosinistra. “E’ la casa di tutti – sostiene - e la Provincia non può avere maggioranza e minoranza politica”. Una tesi che non condivido. Corrisponde ad un’idea di tempo fa, col Broletto come “Casa dei Comuni”. Ma – per esempio - non credo possa valere oggi per la stessa Loggia, bersagliata ad ogni piè sospinto dal Centrodestra di Rolfi, immaginando poi una sua recita in Broletto con opposte “parti in commedia”! Così come per gli altri Comuni. E’ evidente l’equivoco, perché le politiche amministrative che dividono i Comuni, non si anestetizzano poi in Provincia. Anzi! Infatti stiamo parlando non dell’Anci, ovvero della Associazione di tutti comuni, ma di governi locali eletti in base a diverse liste politiche, quand’anche civiche. E che tali restano anche in Broletto. Non a caso il tavolo della trattativa in atto è quello dei partiti provinciali. Oltretutto, in un modo troppo ristretto, perché mi pare non coinvolga i Sindaci, a partire da Laura Castelletti, Sindaca del Capoluogo.

A maggior ragione se considero, quanto lo stesso Del Bono ha sostenuto, in una recente Assemblea interregionale del PD, con una dura accusa – da me condivisa – contro il centralismo della Giunta Lombarda nei confronti dei Comuni e con riferimento alla “autonomia differenziata”, da contrastare con un Referendum. Opzioni, quindi, del tutto divaricanti. Ben sapendo che le materie della Provincia sono diventate purtroppo la protesi della Giunta regionale nelle diverse realtà locali!
L’idea della “Casa comune” per le Province deriva dalla “riforma” Delrio. Ma tale legge s’è rivelata un errore, sia per il sistema elettorale (tant’è che si richiede il voto dei cittadini), ma soprattutto per la soppressione/riduzione di competenze provinciali, a scapito degli stessi Comuni, esposti così ad un centralismo regionale. Il tutto perché non riformando le Province (con la riduzione anche del numero da 110 a 70), è venuto meno anche l’equilibrio tra le varie rappresentanze locali e si son messi i singoli comuni alla mercé delle Giunte regionali! Ma da quell’errore è necessario uscire restituendo alle Province riformate il ruolo politico d’un governo comprensoriale. Consapevoli delle diversità politiche riguardanti materie come: tutela del territorio, ciclo idrico, cave e discariche, depuratori…Magari per revisioni del Piano Cave e del depuratore del Garda…

Nelle more di questo passaggio ci si era immaginato per Brescia anche un risultato elettorale di parità. Ovvero di 8 e 8 eletti tra gli opposti schieramenti, con il Presidente ancora in carica. Il ché ci avrebbe costretto – opus contra naturam – ad un accordo per evitare la paralisi della Provincia.
Ma il risultato è stato diverso, con il Centrodestra in maggioranza di 10 a 7, comprensivo anche del Presidente Moraschini, che si era posto super partes, ma che è pure lui di Centrodestra.
Questa la realtà.


Bragaglio: la Provincia non è la casa di tutti - bivio obbligato tra destra e sinistra (BsNews 11 novembre 2024

La sfida aperta dal nuovo PD per il “campo largo” a Roma e a Brescia

Dovrebbero bastare le allarmanti vicende di Italia, Francia, Germania,… con l’espansione della Destra, anche estrema, per imporci scelte coraggiose. Mentre invece non mi convince la discussione sulle alleanze del Pd. Sui petali sfogliati tra un sì ed un no per Renzi, per Calenda o per un M5S diviso tra Conte e Grillo. Un tale confronto è fuori orbita rispetto alla gravità del momento. Ma ogni cosa ha il suo tempo. E quello del PD oggi è per la più ampia alleanza contro la Destra meloniana al governo. Risparmiandoci il dubbio amletico se vien prima l’alleanza od il programma. Pur di star fermi. Quindi si parta dalla politica e che sia: “Campo largo”! Peraltro già in ritardo di ben 5 anni, visto che Zingaretti da segretario del PD lo lanciò nel 2019.
Ma tale ritardo non è ascrivibile solo alla riottosità degli alleati. Che pure c’è stata! Perché la maggiore responsabilità è in capo al PD. Che, fin dalla sua nascita nel 2007, s’è dato uno schema bipartitico. Quindi, contrario alla promozione delle alleanze politiche. Con quella sua fumosa “vocazione maggioritaria”, nel tentativo di rispondere alla crisi dell’Ulivo con il “partito unico” del centro sinistra. Esponendo peraltro il PD ad una suicida politica schizofrenica, tra un PD solitario a livello nazionale ed un PD invece coalizionale in Regioni, Province e Comuni. Basti ricordare in Loggia la vittoria di Castelletti sindaco, con il 55% di otto liste, ma con il PD al 26,6%!
Con la vittoria di Schlein al Congresso molto è cambiato. Ma nello Statuto del PD è rimasta l’ambiguità di quel PD “bipartito”, che fa del Segretario del PD lo scontato candidato a capo del Governo! Un’assurdità, in uno schema coalizionale, che va rimossa.



La sconfitta di Chiari? Per un “Terzo Polo”… all’opposto di Brescia

Sul Giornale di Brescia del 25 giugno, col titolo "Ballottaggio Chiari. Io non ho votato e vi spiego perché", Lorenzo Festa avanza alcune riflessioni motivate e serie sulle elezioni di Chiari. Leggendole mi son chiariti ulteriormente gli elementi che ci han portato al risultato negativo di Chiari ed alla impossibilità d’un accordo per responsabilità non già del PD, ma del candidato Sindaco Codoni, nonché dell’ex sindaco Vizzardi, oggi Consigliere regionale. Convincenti spiegazioni sono state fatte anche dal candidato Sindaco Salogni e dal PD di Chiari.
Da parte mia vorrei far parlare anche alcuni numeri per dar conto d’una operazione che ha suscitato perplessità anche fuori Chiari. Con numeri che dicono, insieme alle parole, il senso d’una inaccettabile operazione. Sto solo a quanto è avvenuto, non considerando – volutamente! – ipotesi di futuri traghettamenti verso destra in quel di Chiari. Che spiegherebbero...l’inspiegabile!
Ripercorriamo appunto i numeri. Al primo turno: Zotti con il 34% (destra), Salogni con il 28% (centrosinistra), Codoni con il 28% (Terzo Polo civico). Per la legge al ballottaggio vanno Zotti e Codoni. Alleato al Centrosinistra, Codoni avrebbe quindi avuto  la vittoria in tasca.
 
Con riferimento alla precedente esperienza di Giunta con Vizzardi sindaco, vicesindaco Libretti del PD e Codoni Assessore… quest’area plurale oggi avrebbe avuto più o meno un bel 56%. Il tentativo per un possibile accordo - quello che in tutti i normali Comuni sarebbe stato possibile - viene invece rigettato. Ovvero l’apparentamento o l’accordo per un governo locale condiviso anche nelle responsabilità e reso pubblico tra le due forze. Ed è qui che il fattore “arroganza” si manifesta! E con riferimento ad un’evidente logica di occupazione del potere locale. Di mani libere. Con la presunzione d’una scontata vittoria di Codoni, con una parte del voto di Centro Sinistra.




Sindaca Castelletti - per un decennio in Loggia?

Ritengo che l’arco decennale ipotizzato dalla Sindaca Castelletti sia frutto d’un ragionamento motivato. Condivisibile nella sfida lanciata dalla Sindaca a se stessa ed a tutti noi. Infatti, tale progetto di ampio respiro è la miglior prospettiva anche per i nostri passi del presente in vista del futuro.  La condivisione d’un serio impegno è poi anche il modo più efficace per contrastare fughe solitarie o scorciatoie personali. Con le divisioni che spesso la politica alimenta. Di cui si è avuto più d’un sentore, sia a livello di Giunta che di Consiglio. E che la stampa ha documentato.
Avendo una certa qual esperienza in Loggia, me ne guardo bene dal fare “prediche inutili” di einaudiana memoria. Anche in passato vi sono stati momenti aspri di lotta politica tra schieramenti e nei partiti. Si pensi al calvario del sindaco Trebeschi dall’81 all’85, privato d’una sua maggioranza. Al periodo ’90-94, in traumatici passaggi e ben tre elezioni del Consiglio, con Sindaci Padula, Boninsegna, Panella, Corsini, Martinazzoli. Quindi me ne guardo bene dal fare del “moralismo” in fatto di lotta politica. Ma sono fasi storiche del tutto diverse. Allora c’era forse un troppo di politica.  Oggi  invece avverto  il rischio opposto, ovvero che il Centro Sinistra sia passato in politica dal “troppo” di ieri al…”troppo poco” di oggi!


...Mah! Tra tessere PD con Berlinguer e Schlein nel simbolo del PD

…Mah! Che dire? Se non banalmente che “ad ogni giorno basta la sua pena”…Anzi due, visto che si tratta del PD. Con queste sue due pene, lo dico subito, che mi infliggo e subisco, ma che non condivido.
Gli occhi di Berlinguer sulla tessera
Da sempre berlingueriano del Compromesso Storico, ritengo – persino provocatoriamente - che anche oggi, pur cambiando tutto ciò che va cambiato, è stata ed è l’unica grande politica della sinistra progressista in Italia. Fatta di alleanze sociali e politiche tra le forze della sinistra e quelle cattoliche. Questo il cuore. Con gli alti e bassi che sappiamo. E’ alla base – unitamente alla terza fase di Moro – dell’Ulivo. E solo in parte dello stesso PD poi. Quindi non frontismi tra Pci e Psi, non l’occhettiano schieramento dei Progressisti contro il Partito Popolare di Martinazzoli. Ma invece tutto ciò che è stato ed è ancora oggi il percorso vincente nei Comuni , anche a Brescia, da Martinazzoli a Castelletti. Una incancellabile matrice di alleanze tra forze distinte e plurali, seppur con vari volti e nomi. E non già il partito unico e maggioritario del Centrosinistra.
Ma se lo stesso PD è frutto di quel pluralismo, ciò non significa che Berlinguer ne sia un padre fondatore. Come non lo sono De Gasperi o Moro.... Capisco il risvolto drammatico in queste ore della “questione morale” in Puglia e d’intorni. Come pure il valore anche oggi del forte richiamo berlingueriano. Ma su una tessera del PD, se hanno ancora un valore le diverse storie e che non sia uno spot del momento…no!


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