Con la polemica di Renzi e le risposte – condivisibili - di Gentiloni e Minniti verrebbe da dire - con la saggezza della Bibbia - “nihil sub sole novum”. Ma oggi non mi limiterei a questo. Si tratta invece di abbandonare tale campo di gioco per dare una risposta di diverso profilo. Trappole da aggirare per andare oltre.
Quindi niente commenti sulla psicopatologia d’una aggressione, o su un ego smisurato che dopo le sconfitte vaga come un fantasma senza alcun corpo in cui ritrovarsi. Niente Giglio che da magico, rischia di ritrovarsi tragico, con la chiusura del sipario su Luca Lotti. Niente cattiverie sui “social” per mesti cortei di prefiche in lutto o per tifoserie sgonfiate. Niente di tutto ciò.
Ritengo infatti si debba uscire dalla morsa di simili contese. Con un PD che discute anche nei suoi organismi dirigenti, oltre che sventagliato sulla stampa. Quasi ci fosse una “veritas duplex”. Quella degli “iniziati” che dottoreggiano su nuovi partiti o sulle spoglie del PD. Mentre partito ed organismi dirigenti del PD fan finta di nulla. Come nell’ultima Direzione nazionale.
Posso sbagliare e me lo auguro. Ma il Renzi di oggi mi pare si muova sulla scacchiera come un replicante del D’Alema di ieri. Qualcosa di speculare li accomuna. Con un Renzi – sia detto con benevola ironia – sempre più… “dalemizzato”.
Punti decisivi sono la salvezza del PD e l’alternativa democratica per il Paese. Quindi non se Renzi riguadagni o meno il palcoscenico, con la polemica. Cosa che gli si è ritorta pure contro, a danno del Renzi-sosia, già segretario del PD. E poi contro un Minniti ed un Gentiloni, fino a ieri icone d’un renzismo d’alto rango. Il primo addirittura candidato renziano alla segreteria del PD, seguito da una strambata su Giacchetti. E l’inarrestabile deriva.
Punti decisivi sono la salvezza del PD e l’alternativa democratica per il Paese. Quindi non se Renzi riguadagni o meno il palcoscenico, con la polemica. Cosa che gli si è ritorta pure contro, a danno del Renzi-sosia, già segretario del PD. E poi contro un Minniti ed un Gentiloni, fino a ieri icone d’un renzismo d’alto rango. Il primo addirittura candidato renziano alla segreteria del PD, seguito da una strambata su Giacchetti. E l’inarrestabile deriva.