Mi capita nelle discussioni riguardanti il PD ed i suoi Congressi – tra quello nazionale appena fatto ed quelli regionale e provinciale ancor da fare – che emerga a volte un certo semplicismo. Del tipo: il considerare detta-fatta una cosa perché semplicemente s’è enunciata, oppure che basti esser l’ultimo arrivato per immaginarsi il PD già bello che rifondato… e così via. Con me che mi figuro invece la differenza tra le canne del fucile e del biliardo. Me ne guardo bene dal tarpar le ali alle “new entry”. Anzi. Anche perché mi rivedo – arrossendo ancor oggi - quando polemizzai a Nave nel ‘70 contro l’on. Adelio Terraroli del PCI, ad un’iniziativa promossa dall’avv. Ugo Negroni, indimenticabile sindaco di Nave e… gran democristiano. Ricorro piuttosto – in fatto di realismo - alla storia più recente del PD ed alle sue illusioni. Del tipo: a fronte delle divisioni dell’Ulivo s’è fatto in quattro e quattr’otto un partito unico con dentro cattolici e sinistre varie, mentre ci siam poi trovati non la valorizzazione delle due componenti, ma al livello più basso della loro vitalità e con il peggior correntismo. Col corredo poi di leggi elettorali ipermaggioritarie per penalizzare liste alleate. Si son inventate pure le primarie, ma non per i Parlamentari che vengono decisi invece dalla segreteria nazionale. Com’è avvenuto nel 2018 con proposte unanimi da Brescia, ma con Renzi e Boschi che han bocciato in una notte ben due dei tre nostri candidati!
Ma che c’entrano le canne d’un fucile o d’un biliardo? E’ presto detto. Nell’un caso tra la canna del fucile e l’obbiettivo c’è – almeno nelle intenzioni - un rapporto diretto tra la direzione della canna e l’obbiettivo da colpire. Quindi è il detto-fatto. Nell’altro caso no, perché c’è tutto un complicato gioco angolare di sponde che fa muovere la palla persino all’opposto rispetto al tiro della canna di biliardo. La politica – da sempre - è come un complicatissimo biliardo. E Machiavelli il suo gran maestro! In ragione non d’un imbroglio, ma delle regole diverse del suo gioco. Infatti c’è tutta una eterogenesi dei fini come regola – fisiologica e quindi non patologica - della lotta politica e delle sue alleanze. Dove il detto è spesso il diverso e persino il non-fatto. E viceversa. Ha quindi molto a che fare con le regole della guerra, ed è meglio saperlo per non soccombere.