Salvare il PD. Anche da se stesso, oltre che dalla paralisi che lo attanaglia dalla sconfitta del Referendum (2016) in poi.
Questo per me è l’imperativo ed il “perché” è presto detto. L’alternativa al disastroso governo Lega-M5S non può che esser costruita con il PD, non già senza il PD e tantomeno contro.
Il mio non è un canto partigiano. Non avrei neppure l’intonazione giusta, viste le critiche rivolte al PD, già in fase costituente e senza aver atteso Renzi. Che peraltro ho ritenuto un “figlio legittimo” di quel PD. Contrariamente a chi dell’anti-Renzi ora se ne fa pure un alibi per nascondere i propri errori precedenti.
Ma è il “come” del salvataggio il nodo più complicato.
C’è chi sostiene – candide anime – il ritorno al PD delle sue origini. Se si allude alla “Carta dei valori” ci sta. Ma se invece ci si riferisce alle scelte politiche, mi pare che ci stia ben poco. Mito delle primarie, vocazione maggioritaria, bipartitismo, indulgenze neoliberiste, il capo partito come capo di governo… una sequenza di scelte ormai archiviate. Dopo dieci anni senza una sola vittoria nazionale, persino quando il PD alle elezioni è giunto primo.
Claudio Bragaglio, presidente della Agenzia del TPL di Brescia “IL TRASPORTO PUBBLICO E’ A UN BIVIO, SENZA RISORSE RISCHIA IL COLLASSO” Intervista di Davide Bacca (Giornale di Brescia 19 11 18)
Claudio Bragaglio non ha dubbi. «Il trasporto pubblico bresciano è a un bivio. O imbocca la strada che noi abbiamo disegnato, quella di un servizio di qualità, ma allora servono più risorse per accompagnare la sua crescita. Oppure, se resta l’attuale assetto delle risorse, il trasporto pubblico bresciano rischia il collasso». In ballo, per il presidente dell’Agenzia del Tpl di Brescia, non ci sono solo i 9 milioni per la gestione del metrò. C’è il «concreto rischio» che al budget bresciano manchino «15-20 milioni», con un conseguente «taglio alle corse dei bus del 20-25%». Questione affrontata anche venerdì, nell’ultimo vertice in Regione, e che sarà oggetto di un incontro coi sindacati nei prossimi giorni.
Presidente Bragaglio, gli incontri dei giorni scorsi tra Amministrazione, Agenzia, assessori e consiglieri regionali sembrava aver garantito al Tpl di Brescia le risorse per il 2019. Perché questo nuovo allarme?
«Gli incontri sono stati molto positivi, hanno consentito di fare un quadro delle risorse e dei rischi. Lì è nata l’idea di un patto politico-territoriale oltre gli schieramenti politici per valorizzare il trasporto pubblico bresciano. È una battaglia locale giocata dentro la battaglia della Regione, che noi sosteniamo, per avere una redistribuzione più equa del fondo nazionale trasporti. Ma, numeri alla mano, l’idea che garantire al territorio bresciano le stesse risorse del 2018 sia una buona soluzione, è sbagliata. Consolidando quelle cifre, ci esporremmo a un rischio elevatissimo: nel 2019 e soprattutto nel 2020, con l’entrata in vigore dei fabbisogni standard, avremmo una vera e propria amputazione del sistema del Tpl, pari al 20-25% dei km percorsi».
Ho letto con tutto l’interesse che merita l’intervista di Giorgio De Martin (Giornale di Brescia, 8.11.18). Sorvolo volutamente gli aspetti polemici, per concentrarmi su quelli politici. In parte condividendoli, in parte no. Condivido le valutazioni riguardanti il successo del PD e del Centro Sinistra in Loggia con Del Bono sindaco. Lo sforzo unitario e l’impegno d’un PD in città diretto dallo stesso De Martin. Ed altro ancora.
Su altri passaggi ho un’opinione diversa. Le “componenti” interne al PD sono previste nel PD, che è un partito pluralista e non leninista. Né grillista, né berlusconiano. Si vota al Congresso per mozioni, su diversi candidati e sulla base di queste si compongono gli organismi dirigenti (unitari o in base a maggioranza/minoranza) con i voti degli iscritti. Il PD non ha mai voluto regolamentare le componenti in modo trasparente (finanziamenti, rappresentanze…), questo il problema. E la relativa confusione. Con la Leopolda, per esempio, e tutti quanti poi con le proprie “Leopolde e Leopoldine” del caso. A Roma come a Brescia. Tutti ordinatamente contro le correnti, nel tentativo di far fare brutta figura ma alle correnti degli avversari. Con limitatissime eccezioni.
Condivido al cento per cento la posizione del Sindaco Del Bono che ritiene che il “candidato con il Kalashnikov”, Chaudry Talat, non possa presentarsi alle elezioni dei Quartieri. “La scelta di pubblicare una propria fotografia armato, infatti, va contro i principi contenuti nello Statuto del Comune di Brescia, che inneggiano alla pace e alla fratellanza. Un'immagine del genere va esattamente nella direzione opposta».
A mio parere ha sbagliato - e mi dispiace - la Commissione a consentirne l'ammissibilità, non tenendo in debito conto tale valutazione del Sindaco. Immagino facendo una valutazione con riferimento solo a reati compiuti o meno dal diretto interessato. Alla famosa fedina penale del... leguleio.
Neppure l’appello del Sindaco rivolto al diretto interessato per un passo indietro ha fatto finora breccia per il ritiro della sua candidatura.
A mio parere qui non si tratta della sua buona fede, delle intenzioni o della sua buona condotta, su cui nessuno (perlomeno io) può dire, ma del fatto obbiettivo – e tale basta - di aver lui, e neppure altri, deciso di pubblicare e di mantenere pubblicata una sua foto con il Kalasknikov, che nell’immaginario rappresenta un rimando alle mille foto dei terroristi che troviamo sui giornali ed in rete. Non poteva non saperlo. Quindi il rimando ad vero e proprio elemento oggettivo di apologia di reato punibile, ai sensi del Codice Penale, per la rievocazione pubblica di episodi criminosi di carattere terroristico.
C’è qualcosa che lo coinvolga direttamente? Assolutamente no. E si può dar credito alle sue scuse ed a ciò che egli ha detto. Ma non è questo il punto. Non conoscendo la persona interessata neppure discuto delle sue migliori intenzioni personali, ma ciò che fa testo nella valutazione obbiettiva non sono le sue recondite intenzioni, ma è il messaggio da lui pubblicamente e consapevolmente veicolato sui Social. Ed oggi anche sui giornali di tutta Italia.
Questo il punto da non aggirare, neppure da parte sua. Peraltro a seguito di una scelta sua di pubblicare proprio tale foto, e con quell'arma, che rimanda a molte fotografie inquietanti che in questi anni insanguinati si son sono rincorse davanti ai nostri occhi.
Se in epoca di terrorismo e della vicenda Moro mi fossi fatto fotografare con la P 38, per mettermi poi sui Social, la Commissione del Comune di Brescia con quale faccia mi avrebbe ammesso? Perché dalla fedina non risultava che avessi mai sparato a nessuno?
Si è anche affermato che non vi sono motivi ostativi per la sua candidatura "a maggior ragione" essendo i Quartieri solo organi consultivi.
Nel prendere atto della dichiarazione dell’amico Pierluigi Mottinelli penso si debba ringraziarlo ed apprezzare le motivazioni della sua scelta. Decisione non facile – tra segreteria del PD e candidatura europea – ma che, per come si è svolto il confronto al “Tavolo” , convocato dal segretario Michele Orlando, era stata ritenuta dai più una scelta indispensabile.
Potevano esserci percorsi e decisioni anche diversi? Può darsi. Anche perché il clima unitario interno al PD bresciano, a maggior ragione dopo la grande vittoria in Loggia di Emilio Del Bono, è reale e poteva far maturare una convergenza su un solo candidato.
In questa stessa direzione si è opportunamente mosso anche il Sindaco Del Bono, con la proposta da lui autorevolmente avanzata. Ben interpretando così gli auspici di molti, compreso il sottoscritto. E come al Tavolo in effetti poi è avvenuto con l’unanimità dei consensi sulla candidatura a segretario PD di Mottinelli. Non è un caso, infatti, che si è decisa una delegazione per sottoporre tale scelta allo stesso Mottinelli.