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Dall’on. Giachetti giudizi e polemiche inaccettabili

Non nascondo che il primo impulso nel leggere su BresciaOggi  le dichiarazioni dell’on. Roberto Giacchetti è stato quello di ritorcergli contro, parola per parola, e con egual veemenza polemica, esattamente ciò che lui riserva alla minoranza PD ed al sen. Paolo Corsini in fatto di mancanza di dignità politica, di insensatezza, di mancato rispetto di se stessi, di volontà distruttrice… ma su una simile strada se ne vada lui. Se lo ritiene. Io di certo non lo seguo. Per dignità del ruolo che ricopre come vicepresidente della Camera, di candidato Sindaco nella Capitale, di dirigente del PD. E, se posso dire, pure per dignità mia e della storia della sinistra politica in cui mi identifico.
Sappiamo tutti delle divisioni nel PD, della dura polemica e contrapposizione in atto, ma anche d’uno sforzo necessario – che a Brescia da varie parti finora s’è fatto – per evitare forme d’incanaglimento del confronto elettorale.
Non mi sfuggono – a maggior ragione da sostenitore del Sì -  errori, inopportunità di iniziative e di partecipazioni, slogan estremizzati di esponenti del No, ma lo sforzo di mantenere su un terreno non dirompente un difficile confronto nel PD ritengo sia indispensabile. Questo ho ritrovato, ed apprezzato, anche nelle parole del Sindaco Del Bono nel suo intervento in occasione della presenza a Brescia dell’on. Boschi.
La legittimità d’una critica, ancorché ferma ed esplicita,  verso un NO espresso dall’interno del PD, in particolare non può spingersi fino all’astiosa delegittimazione del valore, anche morale, di persone e di storie politiche, culturali, amministrative come quella rappresentata, a Brescia ma non solo, dal sen. Paolo Corsini. Con veemenza inaccettabile ed astiosità personali, che in alcuni casi si son poste ben oltre il confine d’una legittima e motivata critica politica.
Oltretutto – oltretutto! – denotando anche la scarsa intelligenza politica di chi ritiene che con parole e modi intimidatori si possa allargare il consenso a sinistra, in una fascia di elettorato ancora incerto e dubbioso.


Un “si’ critico” al Referendum e l’Italicum da cambiare

Aderendo, nel gennaio 2016, al “ Comitato del Sì al Referendum”, promosso dal PD di S.Polo,  mi erano ben chiare le implicazioni. Un “Sì critico”, il mio, non per dubbi, ma per motivazioni distanti da pregiudizi. Al punto da confermare il mio Sì “nonostante” gli argomenti di alcuni suoi sostenitori. Renzi e Boschi inclusi. Penso ad alcune loro improvvide posizioni. Che – anche per “moral suasion” di Napolitano e Mattarella - hanno  registrato una virata quanto mai opportuna. Con l’ammissione di errori ed un cambio di direzione, per non porre a rischio l’esito referendario, prima immaginato invece come una marcia trionfale.
Un “Sì critico”, accolto da opposte ed acide ironie. Per gli uni, un errore nella battaglia campale che traccia il solco al di qua ed al di là del renzismo. Per gli altri, il tentativo di bagnar le polveri delle cannonate contro i conservatori del No. Pazienza.
Nel merito, lo sappiamo tutti, non si tratta d’un capolavoro di costituzionalismo. Se fossimo alla prima prova, un’esemplare bocciatura ci starebbe. Ma si dà il caso che qui, oltre l’ultimo scolaro, son messi sotto torchio una scuola intera e fior di professori degli ultimi trent’anni.


Paolo Corsini: leggere il voto prendendo il bus

Al fine di una valutazione dei risultati delle recenti consultazioni elettorali amministrative prenderò le mosse da alcuni riscontri e da considerazioni di carattere generale per poi procedere, con una lente d'ingrandimento ravvicinata, ad un ragguaglio su taluni casi emblematici, atti a suggerire qualche provvisoria indicazione conclusiva. Con una precisazione preliminare: il mio è certamente un punto d'osservazione parziale, politicamente interessato e certamente non coincide con quello più affidabile di un entomologo elettorale o di un sociologo della politica che riflette a freddo e sulla base di una metodologia sperimentata. Il che non mi esime dall'affidarmi agli esiti di ricerche già condotte all'indomani del voto, particolarmente dall'Istituto Cattaneo e dal senatore Pd Federico Fornaro che della sua competenza in materia ha dato proprio recentemente una brillante dimostrazione con un saggio assai documentato, Fuga dalle urne. Astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 ad oggi, Novi Ligure, Epoké, 2016.  Veniamo al dunque.

Bragaglio: il valore nazionale del voto lombardo - per un nuovo PD e la modifica dell’Italicum

Il voto di Milano ed in Lombardia ha un valore nazionale. Da laboratorio politico. Ma non per ribadire l’ovvio, e cioè che, persa Roma, il PD s’è salvato almeno con Milano, l’altra Capitale.  Intanto, tra flussi e riflussi di commenti, ritengo la lettura data da Prodi la bussola più convincente. E, su un punto, richiamo anche Chiamparino quando, sul voto nazionale e di Torino, allarmato vede  un PD che si stacca dai cittadini per trasformarsi in una macchina di potere.
Il tutto nella tormenta populista – da Trump alla Brexit – e con l’Europa squinternata. Mille le cose da cambiare. Anche per la sinistra interna del PD. Ma partendo da una prima scelta: stabilizzare o meno il Governo ed il PD che è alla guida? Se per me scontata è una risposta affermativa – quindi su una linea diversa da D’Alema – non altrettanto le risposte al come, con chi, per cosa. Per esempio, sulla correzione dell’asse sociale proposta da Prodi che ne pensa Renzi?
Sapendo che per stabilizzare una nave nella tempesta è il capitano a dover proporre un cambio di rotta e di rapporti con l’equipaggio, tutto.
Sul Referendum costituzionale ci si gioca – analogamente a Cameron – tutta quanta la partita. Renzi l’ha immaginato come un costantiniano “arco di trionfo”, ma con le amministrative c’è chi  l’ha già con successo sperimentato come una “forca caudina”.
Parto dalla posizione di Scalfari sul Referendum, ben più diffusa di quanto si pensi. Più o meno del tipo: “ ‘O presepe nun me piace”. Ma per carità di patria lo si può comunque fare…ma mai e poi mai, può starci con l’Italicum per gli effetti devastanti sugli equilibri costituzionali. E di potere.



Bragaglio:un voto che richiede cambiamenti del PD e anche dell’Italicum

Nel mare mosso dei commenti c’è una boa che non va smarrita. Pur sballottati, già dal primo turno elettorale. Una boa che riguarda un possibile – nonché auspicabile - nuovo posizionamento del PD renziano nel sistema politico. Dopo l’obbiettiva crisi del “Partito della Nazione”, con questo voto. E che è già motivo di valutazione critica dello stesso segretario Renzi. Un segnale che va colto anche dalla sinistra del PD, finora divisa proprio su questo punto essenziale. Avendo ritenuto - almeno una parte di essa - che Renzi e il Pd fossero ormai oltre le colonne d’Ercole.
Non che m’illuda. Applico però, con realismo,  ad una certa politica quello che l’economista Adam Smith diceva del mercato. Non è dalla benevolenza del fornaio o del macellaio che ci aspettiamo il pranzo, ma dai vantaggi che essi sperano di ricavarne. Quindi si è indotti  a parlar bene del loro egoismo e non già della loro umanità.
Alcune cose sono evidenti. L’area del centro destra si mantiene ampia anche dove è divisa. Direi vantaggiosamente “articolata”, a maggior ragione, come a Milano, dove trova anche una leadership come Parisi. Con il partito di Alfano che segue il richiamo di madre natura. Il Pd renziano non sfonda al centro. Il sistema è tripolare, con il M5S, che gioca una partita di primo piano. Il PD renziano paga invece un’oggettiva (e dirompente) schizofrenia: è un partito solitario e maggioritario (nelle aspirazioni) a livello nazionale ma, nel contempo, un partito coalizionale di centro sinistra ulivista (da Milano con Sala, a Cagliari con Zedda). Il bipartitismo infatti non è mai nato. Né nascerà.




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