Interventi

Eppur si muove . Note su La morte e la terra di Emanuele Severino

Prof. Eugenio Mazzarella

1. La persuasione che il divenire degli enti sia il loro venire dal nulla e il ritornarvi, cioè, da un punto di vista ontologico, il risolversi della verità dell’essere nella fede nel divenire, la riduzione dell’essere a nulla, la sua assunzione nichilistica “vista” nella e tramite la manifestatività degli enti, nella visione originariamente offerente con cui si danno al sapere, è ciò contro cui è volto da sempre l’ impegno filosofico di Emanuele Severino.

Un monumento aere perennius a questa persuasione – che gli scritti di Severino da sempre argomentano come autocontraddittoria – è certamente nel pensiero contemporaneo l’ontologia fenomenologica heideggeriana, l’originario corpo a corpo da cui parte la meditazione del filosofo bresciano. Ontologia fenomenologica, quella di Heidegger, dove il senso dell’essere – la direzione in cui l’essere viene all’ente e ai nostri occhi, se lo sanno vedere – è determinato come tempo: temporalità originaria (Temporalität), in cui si radica e germina la temporalità (Zeitlichkeit) dell’Esserci e di ogni ente come tale.

Rousseau e Marx: il pensiero critico dall'Illuminismo al Socialismo 30 12 11

La nostra riflessione mette in scena, se così possiamo dire, Rousseau e Marx, ovvero due straordinari attori del pensiero politico ed esponenti d'una riflessione critica che, per certi aspetti, risulta persino eretica. Due protagonisti nel processo di costruzione d'una nuova forma mentis e d'un pensiero aperto, fluido, per molti aspetti incompiuto. Due pensatori tra loro molto diversi: diversità d'epoca storica – l'uno uomo del '700, l'altro dell'800 – e diversità d'impostazione filosofica. E' un arco che si tende dall'Illuminismo alla nascita del Socialismo “scientifico”, inteso non solo come movimento politico, ma come riflessione teorica e di scienza sociale.

Paolo Corsini: Peculiarità della tradizione cattolico democratica

Un dato di fatto sembra ormai acquisito, al punto da apparire quasi incontrovertibile, quanto alle scelte politiche dei cattolici italiani in occasione delle consultazioni elettorali, per lo meno a partire dall’ultimo decennio. Come è confermato da ripetuti sondaggi, da analisi sociologiche, nonché da verifiche condotte in occasioni le più disparate, al di là delle mutazioni intervenute nella geografia dell’Italia cattolica, per riprendere il titolo di un recente, interessante lavoro dovuto a Roberto Cartocci, tali scelte vanno ricondotte a prevalenti motivazioni pratiche, contingenti, più che non a ragioni etico-valoriali, a convincimenti non negoziabili in rapporto a principi che attengono a questioni moralmente “sensibili”. E del resto solo marginalmente influente risulta il peso della gerarchia ecclesiastica rispetto alle propensioni di voto, a prescindere dagli stessi orientamenti non sempre uniformi, quanto alle sfumature che li caratterizzano, dell’episcopato e delle stesse autorità vaticane. Insomma, per tradurre in soldoni: il voto dei cattolici tende sempre più a coincidere, sin quasi alla sovrapposizione,  con il voto degli italiani.

Paolo Corsini "Mino Martinazzoli: l’intelligenza degli avvenimenti, il carisma della parola"

L’intelligenza degli avvenimenti, il carisma della parola, lo stigma dell’inquietudine che si incarna nella severità del patriarca: questa   l’ identità che, d’istinto, sento di attribuire a Mino Martinazzoli, identità cui si accompagna – quasi un paradosso per lui che soltanto ultimamente si era appartato – una condizione di solitudine, quella solitudine che lo ha illimpidito per tutta una vita. Quasi un destino iscritto nel suo stesso cognome di origine camuna che, sono parole sue non esenti da una punta di civetteria, si può interpretare come “Martin solo. Era il lanzichenecco perdutosi in val Camonica. Un lanzichenecco solo. Ecco cosa sono”. Tornano alla mente i fotogrammi innumerevoli di una frequentazione che per due anni è stata particolarmente assidua, giornaliera, nel suo studio in Loggia – il palazzo municipale di Brescia – dove campeggia un’imponente Vittoria alata  simbolo della città e dove, in un angolo, una statua quasi stilizzata di Giuseppe Zanardelli, dovuta allo Ximenes, evoca all’ospite o al visitatore un’alta tradizione politico-amministrativa. Mino aveva voluto il vicesindaco, da sempre al piano terra, al proprio fianco nello studio, impreziosito da una raffinata boiserie, attiguo al suo e con lui direttamente comunicante, quasi a smentire la diceria di un carattere ruvido e scontroso, persino scostante ed introverso, non incline al colloquio, all’incontro umano.

Riflessioni sull'incontro dei cattolici a Todi

L’incontro di Todi lascerà un segno profondo, pur in presenza di alcune incertezze e diversità nel richiamo all’impegno “prepolitico” dei cattolici. Esplicita è stata la sconfessione del berlusconismo, ma la vera novità è rappresentata dagli interrogativi sul come e il quando d’una nuova presenza politica dei cattolici. Su questo punto, la stessa riflessione del card. Bagnasco s'è presentata aperta, ma non reticente.

Questi interrogativi investono l’intero quadro politico. PD incluso. Opportunamente – ed esplicitamente - l’on. Pierluigi Castagnetti sollecita il PD affinché superi “nella relazione con la Chiesa un’attenzione troppo rapsodica e opportunistica”, una “sottovalutazione dell’apporto della Chiesa”. Parole sagge, condivisibili, ma non sufficienti, che rischiano persino di far velo alla vera questione aperta e riguardante la formazione d'un nuovo soggetto politico d'ispirazione cattolica.

Todi infatti si spinge ben oltre le stesse titubanze e le divisioni emerse. Lo stesso sbarramento che, da opposti schieramenti, s’è alzato contro la “Cosa bianca” suona conferma della sfida rappresentata dal movimento in campo. Un movimento messo in moto, più che da intenzioni ancora incerte, dal precipitare della crisi economica e dell’assetto stesso della “seconda Repubblica”, dalla crescente “indignazione morale” del Paese e per le perduranti difficoltà d’una alternativa imperniata sul PD.

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