Interventi

In ricordo di Mario Tambalotti

Ci siamo ritrovati, oggi, per rendere l’estremo saluto a Mario, un amico stimato e a tutti particolarmente caro. Desideriamo, da parte nostra, esprimere una commossa e sentita partecipazione al dolore di Rosa, di Lucia e di Andrea, della sorella Franca, dei carissimi nipoti e di tutti i familiari. Per molti di noi, Mario è stato anche un compagno d’un lungo cammino di ideali, d’un impegno politico, sociale e civico, di speranze condivise.
Dalle parole, rese ancor più intense dalle emozioni e dai ricordi che abbiamo appena ascoltato, ed espresse dai suoi figli Lucia ed Andrea, emerge il profilo di un padre affettuoso e di un uomo che ha profuso intelligenza, passione ed impegno, oltre che per la propria famiglia, anche nella sua professione, che per lui ha rappresentato la realizzazione di un’etica di responsabilità e di convinzione. Una vera e propria etica del lavoro.
Molti i riconoscimenti pubblici. Testimonianze che si sono manifestate sulla stampa ed anche nei numerosi necrologi di amici, esponenti istituzionali, professionisti, ordini professionali. Ma, in particolare, vorrei ringraziare Rosa, Lucia e Andrea per quel loro affettuoso pensiero: “dopo una vita lunga e felice è mancato Mario”. Una vita appunto felice, quella di Mario, il cui ricordo, pur nel dolore nostro, ci aiuta ad alleviare il peso della sua mancanza. Un ricordo che ci riporta in vita l’immagine sorridente di Mario, con quella sua affabilità, quel suo stile inconfondibile, quella sua felicità, quella sua fiducia e quell’ottimismo nella vita condiviso con familiari ed amici. E, per molti di noi, anche l’immagine sportiva, come quella sua pedalata in bicicletta verso il lago di Iseo. Penso anche alle parole, poi, della sorella Franca che ha immaginato il proprio cuore che si allarga per poter comprendere, accanto ad altri suoi cari che sono già scomparsi, anche questo suo caro “fratello gentile”. Particolare è poi il ricordo dei genitori suoi e di Mario.

CONGRESSO “HEIDEGGER NEL PENSIERO DI SEVERINO Brescia 13-15 giugno 2019

ASES* Associazione di Studi Emanuele Severino
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IL CONGRESSO: “HEIDEGGER NEL PENSIERO DI SEVERINO. METAFISICA, RELIGIONE, POLITICA, ECONOMIA, ARTE, TECNICA”
SI TERRÀ A BRESCIA DAL 13 AL 15 GIUGNO.

Apertura alle ore 14.30, del 13 giugno
presso l’Auditorium S. Barnaba
corso Magenta 44, di Brescia.


La prima seduta plenaria di giovedì pomeriggio, con gli interventi di FRIEDRICH-WILHELM VON HERRMANN e di EMANUELE SEVERINO,  e quella conclusiva di sabato pomeriggio, presso l’Auditorium S. Barnaba sono aperte a tutta la cittadinanza.
Le sessioni di venerdì e di sabato mattina si svolgeranno per gli iscritti al Congresso presso le sedi dell’Università degli Studi di Brescia e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Si annuncia come un evento internazionale, destinato a lasciare traccia per quanto in esso verrà discusso. In tale occasione infatti verranno presentate le nuove scoperte nei manoscritti inediti di Martin Heidegger. Grazie al lavoro di Friedrich-Wilhelm von Herrmann, l’ultimo assistente del filosofo tedesco, e di Francesco Alfieri, infatti, sono emersi importanti passaggi in cui il filosofo tedesco commenta Emanuele Severino, allora giovane studioso, ma già autore dell’importante saggio “Ritornare a Parmenide”.

Come dirà estesamente Alfieri in apertura del congresso, Heidegger che commenta Severino è un fatto rilevante per almeno due motivi: nell’opera del filosofo tedesco sono rarissime le citazioni di filosofi italiani e, in secondo luogo, le note ritrovate risalgono a un periodo in cui Heidegger era già affermato in tutto il mondo, mentre Emanuele Severino stava affacciandosi al mondo accademico internazionale.

Il tema del rapporto tra i due filosofi verrà discusso da oltre 60 relatori italiani e stranieri, di grande importanza, tra i quali segnaliamo: Friedrich-Wilhelm von Herrmann, Francesco Alfieri, Giampaolo Azzoni, Giulio Goggi, Ines Testoni, Alessandro Carrera, Gaetano Chiurazzi, Massimo Donà, Leonardo Messinese, Sergio Givone, Eugenio Mazzarella, Carlo Sini, Davide Spanio, Andrea Tagliapietra, Luigi Vero Tarca.

Programma completo: http://ases.psy.unipd.it



Presentazione libro di Paolo Barbieri - La morte a Brescia - in Nuova Libreria Rinascita 23 maggio 2019 ore 18.00


LA MORTE A BRESCIA
28 maggio 1974: storia di una strage fascista
di Paolo Barbieri
Con l’autore dialogano Andrea Ricci – avvocato di parte civile e Claudio Bragaglio – presidente direzione regionale PD
Introduce e coordina Paolo Pagani

Paolo Barbieri, bresciano e presente in piazza il 28 maggio, parte dai concitati momenti di lutto di quella giornata per raccontare la storia della strage: una lunga vicenda umana e giudiziaria in cui il depistaggio sembra la regola, la reticenza degli apparati dello Stato normale e le protezioni di cui i fascisti godono in seno alle istituzioni un fatto acclarato. Per questo, prima di ogni altra cosa, la strage di Brescia rappresenta una ferita all’ordinamento democratico destinata a non rimarginarsi mai.


Salvini tra le fiamme? Beato come non mai…ringrazia!

Leggo – divertito –  commenti veementi e dichiarazioni su Interrogazioni parlamentari riguardanti il “rogo della vecia” in sembianza di Salvini.  Povero Parlamento, neppure questa gli si risparmia! Ma a voler proprio metterla un po’ sul serio – in un’epoca inquietante di femminicidi – è il “giovedì grasso” che andrebbe abolito, con il suo “rogo della vecia”, come incitamento alla più grave delle violenze verso donne anziane. L’interrogazione leghista, partendo pure dalla difesa della dignità di Salvini,  dovrebbe quindi estendersi alla difesa della dignità di tutte le persone, anche per genere (donne, uomini e gay), per classi di età (bimbi, oltre che vecchie e vecchi), per colore di pelle (bianchi e non), per censo (sfruttati e sbaraccati vari) e, direi, anche  senza limitazione di luoghi (da piazze e sagrati, fino alle navi, a porti e mari, Mediterraneo compreso).
Non è che in una Interrogazione si possa sostenere che a Salvini gli vada per forza risparmiato il “rogo”, mentre a tutti gli altri – a cominciare anche dai poveri Di Maio e Toninelli vari – invece no. Una tale Interrogazione mi sentirei proprio di condividerla. Anche se non mi nascondo che abolendo questo ritaglio carnevalesco in piena Quaresima, si metterebbe a dura prova il Carnevale stesso. Per esempio, pensiamo alle trasgressioni sessiste di Bagolino, anche se lì son fatte da veci e vecie - i “mascher” - verso giovinotti e giovinotte, anche in tenera età. Sfiorando pure la pedofilia. Ma forse è troppo, se si pensa che per salvare Salvini da roghi e da sberleffi si debbano perdere voti cancellando il Carnevale. Ma – se c’è di mezzo la dignità - direi che pure questo – Lega o non Lega - debba esser fatto!

Una rinnovata questione cattolica oggi in Italia - di Paolo Corsini 03 01 2019

di PAOLO CORSINI -(Giornale di Brescia 3.1.2019)
Non si assiste oggi ad interventi diretti della gerarchia ecclesiastica nelle vicenda politica italiana. Non può, però, sfuggire il fatto che da qualche tempo non si perde occasione per esprimere richiami sulla vita pubblica del Paese. Così Papa Francesco esorta a contrastare “atteggiamenti di chiusura”, fenomeni quali il razzismo, i risorgenti nazionalismi, "le troppe ingiustizie del profitto". Anche da parte di singole personalità -ad esempio mons. Gastone Simoni, Vescovo di Prato, propone un "modello sturziano "- ci si spinge a richiamare i cattolici ad un impegno coerente ed attivo. Indicazioni assai nette provengono soprattutto dal Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. A suo avviso va superato il bipolarismo tra "cattolici della morale" e "cattolici del sociale" e si devono valorizzare "le tantissime esperienze sul territorio" . "Le forze andrebbero messe in rete in una sorta di Forum civico".

Ha ragione il sindaco Del Bono. Comunque fuori dalla lista dei quartieri. 09 11 18

Condivido al cento per cento la posizione del Sindaco Del Bono che ritiene che il “candidato con il Kalashnikov”, Chaudry Talat,  non possa presentarsi alle elezioni dei Quartieri. “La scelta di pubblicare una propria fotografia armato, infatti, va contro i principi contenuti nello Statuto del Comune di Brescia, che inneggiano alla pace e alla fratellanza. Un'immagine del genere va esattamente nella direzione opposta».
A mio parere ha sbagliato - e mi dispiace - la Commissione a consentirne l'ammissibilità, non tenendo in debito conto tale valutazione del Sindaco. Immagino facendo una valutazione con riferimento solo a reati compiuti o meno dal diretto interessato. Alla famosa fedina penale del... leguleio.
Neppure l’appello del Sindaco rivolto al diretto interessato per un passo indietro ha fatto finora breccia per il ritiro della sua candidatura.
A mio parere qui non si tratta della sua buona fede, delle intenzioni o della sua buona condotta, su cui nessuno (perlomeno io) può dire, ma del fatto obbiettivo – e tale basta - di aver lui, e neppure altri, deciso di pubblicare e di mantenere pubblicata una sua foto con il Kalasknikov, che nell’immaginario rappresenta un rimando alle mille foto dei terroristi che troviamo sui giornali ed in rete. Non poteva non saperlo. Quindi il rimando ad vero e proprio elemento oggettivo di apologia di reato punibile, ai sensi del Codice  Penale, per la rievocazione pubblica di episodi criminosi di carattere terroristico.
C’è qualcosa che lo coinvolga direttamente? Assolutamente no. E si può dar credito alle sue scuse ed a ciò che egli ha detto. Ma non è questo il punto. Non conoscendo la persona interessata neppure discuto delle sue migliori intenzioni personali, ma ciò che fa testo nella valutazione obbiettiva non sono le sue recondite intenzioni, ma è il messaggio da lui pubblicamente e consapevolmente veicolato sui Social. Ed oggi anche sui giornali di tutta Italia.
Questo il punto da non aggirare, neppure da parte sua. Peraltro a seguito di una scelta sua di pubblicare proprio tale foto, e con quell'arma, che rimanda a molte fotografie inquietanti che in questi anni insanguinati si son sono rincorse davanti ai nostri occhi.
Se in epoca di terrorismo e della vicenda Moro mi fossi fatto fotografare con la P 38, per mettermi poi sui Social, la Commissione del Comune di Brescia con quale faccia mi avrebbe ammesso? Perché dalla fedina non risultava che avessi mai sparato a nessuno?
Si è anche affermato che non vi sono  motivi ostativi per la sua candidatura "a maggior ragione" essendo i Quartieri solo organi consultivi.



Non possiamo non dirci severiniani - Bresciablog 26 11 2003

Rovistando tra vecchie carte ho trovato questo vecchio intervento del 2003, pubblicato sul Blog di Renato Rovetta, un caro amico da tempo scomparso,  e riguardante una polemica accesa con diversi interventi sul pensiero di Emanuele Severino. brg

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Caro Renato,
seguo con interesse la “finestra” che hai dedicato al filosofo Emanuele Severino. Con interesse e, nel contempo, con un qualche disappunto.
Il prof. Giancarlo Conti non si trattiene dall’esprimere giudizi graffianti e sull’effetto “Dulcamara” (ed ancora: sulla “trappola retorica”, sul “teatrino della filosofia di provincia”, sulla “autocontemplazione narcisistica”…) e non risparmia certo un’overdose di sarcasmo.
Di fronte ad un pregevole lavoro di “archeologia” rappresentato dalla riproposizione di un saggio critico di Pietro Rossi, mi sono sentito stimolato ad aprire un faldone di articoli che raccoglie parte di una nostra “archeologia di provincia”.
Un pacco di ritagli riguardanti Severino, articoli di Mario Cassa, di Italo Valent, varie interviste di Antonio Sabatucci, ed alcuni interventi e recensioni scritti anche dal sottoscritto, sempre su “Brescia Oggi”. Giornale su cui, peraltro, Severino nel periodo ‘74-‘75 aveva scritto una sessantina di articoli.
Possibile un abbaglio così clamoroso? Una “severinpatìa” che ha portato ad una sopravvalutazione - come sostiene l’amico Conti - di un “rappresentante per il Lombardo Veneto della filosofia di Heidegger”? Un abbaglio - se ho ben capito la critica - che consiste non tanto nel condividere o meno le tesi di Severino, ma nel ritenere sostanzialmente sovrastimato il valore di un confronto con il “racconto filosofico severiniano” che presenterebbe “un quadro concettuale limitato”, “soluzioni a buon mercato”, e che non si porrebbe sul “piano della critica storica e dell’analisi concettuale complessa”.
Eh sì. Perché se il bresciano Severino è semplicemente un heideggeriano lombardoveneto la premura ormai quasi trentennale dedicata alla raccolta di questo mio faldone di interventi, nonché la lunga fila di libri e saggi critici, saranno pur commoventi, ma anche il segno evidente di un patetico provincialismo.
Resta da capire come mai con Severino abbia incrociato le armi il fior fiore di filosofi. Tra questi – e voglio subito tirare l’acqua al mio mulino, ancora un po’ diroccato, ma stabilmente sistemato sulla sponda di sinistra - ben noto è il riconoscimento di Massimo Cacciari.

Bragaglio: una testimonianza sul sen. Piero Padula sindaco e politico

Mantengo particolarmente vivo il ricordo del sen. Piero Padula. Della sua acuta intelligenza in campo politico ed amministrativo, del suo impegno e della sua determinazione. Del valore da lui assegnato ad una parola data. Nonché della stima ampiamente riconosciuta, anche da avversari politici, come dall’allora Gruppo Consiliare del PCI e di cui posso dare testimonianza anche in qualità di Capogruppo. Altrettanto vivo è il ricordo di quel suo temperamento schietto e forte, anche se non sempre facile.
Una stagione di Sindaco (1985-90), in cui convergenze e scontri tra la maggioranza di governo, imperniata sulla DC, e l’opposizione del PCI possono essere iscritti nel quadro di rapporti politici che - soprattutto a far data dal 1975, con sindaco Cesare Trebeschi e l’esperienza delle “Giunte aperte” - hanno caratterizzato la storia amministrativa della Loggia ed il migliore municipalismo bresciano. Un tratto che ha costituito, e per interi periodi storici, un apprezzato denominatore comune delle forze politiche popolari. Al punto da far positivamente rilevare vere e proprie “storie parallele” dei protagonisti di quel municipalismo, quand’anche diversamente collocati sullo scacchiere politico.

Presentazione del libro FORME DELLA RIBELLIONE di Paolo Barbieri - 04 10 2018

ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI

Giovedì 4 ottobre, ore 18, nella sede dell’AAB, Vicolo delle Stelle 4, Brescia

presentazione del libro: FORME DELLA RIBELLIONE


di PAOLO BARBIERI (giornalista e saggista)

Con l’Autore dialogano:

MASSIMO TEDESCHI (presidente dell’AAB),

CLAUDIO BRAGAGLIO (Associazione di Studi Emanuele Severino)

Il Libro è edito da Moretti&Vitali

In copertina: "Il mito di Sisifo" nel dipinto del Tiziano (Museo del Prado)

Non ci sono cose colorate in giro, solo persone

Egregio Direttore,

mi son chiesto – anche per la stima che ho per Lei – se prendere silenziosamente atto delle sue osservazioni critiche, o rispondere con garbo, limitandomi a dire che anche nelle polemiche pratico la “par condicio”. Quindi con lo stesso stile – apprezzato o meno che sia – per un calabrese od un valsabbino. Con le stesse ironie, cadute di stile o prese in giro…:, come Lei stessa – pungente - mi ricorda. A testimonianza mia porto l’esempio di varie polemiche con colleghi del Nord o del Sud, con i quali in generale mantengo rapporti di cordialità. Anche perché sempre – è la regola del ring – son loro a rispondere colpo su colpo…e di questo non mi dolgo per nulla. Fermandomi qui.
Ma, così facendo, non sarei del tutto sincero, perché mi è sembrato che Lei cogliesse un qualcosa di più e di troppo nel mio fastidio polemico verso il dottor Acri. Anche in quel mio voler violare il tabù con un provocatorio richiamo al “negher” e al “terù”.
E’ questo un aspetto delicato che non intendo aggirare, andando anche oltre l’inconsapevole Acri. Quindi anche oltre le sue bugie quando, dopo ben tre giorni, non gli è venuto di meglio che sostituire gli stranieri con delle ignare “famiglie arcobaleno” che, di colpo, son state da Acri persino espropriate della loro “italianità”. Che siano neri, gay o domani dell’altro per Acri sono le sgradite “cose colorate in giro”. E qui, parlando di persone, spero che lo svarione sia ascrivibile ad una sua sconcertante povertà di lessico. Laureato in medicina, si vede che sul resto, in Consiglio e fuori, si confonde.


Acri, i "terù" e i "negher" (ovvero la polemica sulle “cose colorate in giro”)

Che dire del debutto a Palazzo Loggia del consigliere comunale Gianfranco…Acri?! Lo stesso cognome suo di ascendenze greco-arabo-- fenicio-egizian-nordafricane avrebbe dovuto consigliargli in Loggia maggior prudenza, sul lamento contro le “cose colorate” in movimento per le vie di Brescia.
Stesso consiglio – immagino, ogni mattina – guardandosi nel suo stesso specchio in bagno. Per non dire pure in quello della sua coscienza che, per quanto ridotto ad uno specchietto retrovisore, si dovrebbe in genere comunque avere. Ed ogni tanto anche sbirciare per evitare dei grossi guai.
Giorni fa nel piano di mezzo del Metrò di via Marconi, nei pochi metri tra un ascensore e l’altro, pedalando in bici, un tizio cantava ad alta voce  “De negher e de terù non ne posso più”.
La volta prossima che lo vedo gli parlerò dell’amico Acri e spero di convincerlo ad accorciar la rima ai soli “negher”, perché pure i “terù” son passati dalla sua parte. Non so se mi riuscirà…se gradirà...se ci cascherà…Mi sembrava tutto, ma non un allocco. Perché l’intolleranza tende ad allargarsi più che a restringersi. E la prossima volta temo proprio che farà pure un qualche girotondo con la bici per completare un nuovo e più lungo elenco, oltre i "negher" e i "terù".
Di certo vorrei regalare al dottor Acri un libretto dello storico Carlo Cipolla intitolato “Allegro ma non troppo. Le leggi della stupidità umana”. Non parla di razzismo e di siculo-calabro-aspiranti ariani, e neppure  è  – tranquillo Gianfranco! -  di eccessivo impegno.
Ma son certo che pure Acri nel riflettere su quelle leggi - ch’egli mi pare stia osservando puntualmente - possa trarne un qualche giovamento. A volte - e saggiamente - anche solo non aprendo bocca.

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