Interventi

Non possiamo non dirci severiniani - Bresciablog 26 11 2003

Rovistando tra vecchie carte ho trovato questo vecchio intervento del 2003, pubblicato sul Blog di Renato Rovetta, un caro amico da tempo scomparso,  e riguardante una polemica accesa con diversi interventi sul pensiero di Emanuele Severino. brg

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Caro Renato,
seguo con interesse la “finestra” che hai dedicato al filosofo Emanuele Severino. Con interesse e, nel contempo, con un qualche disappunto.
Il prof. Giancarlo Conti non si trattiene dall’esprimere giudizi graffianti e sull’effetto “Dulcamara” (ed ancora: sulla “trappola retorica”, sul “teatrino della filosofia di provincia”, sulla “autocontemplazione narcisistica”…) e non risparmia certo un’overdose di sarcasmo.
Di fronte ad un pregevole lavoro di “archeologia” rappresentato dalla riproposizione di un saggio critico di Pietro Rossi, mi sono sentito stimolato ad aprire un faldone di articoli che raccoglie parte di una nostra “archeologia di provincia”.
Un pacco di ritagli riguardanti Severino, articoli di Mario Cassa, di Italo Valent, varie interviste di Antonio Sabatucci, ed alcuni interventi e recensioni scritti anche dal sottoscritto, sempre su “Brescia Oggi”. Giornale su cui, peraltro, Severino nel periodo ‘74-‘75 aveva scritto una sessantina di articoli.
Possibile un abbaglio così clamoroso? Una “severinpatìa” che ha portato ad una sopravvalutazione - come sostiene l’amico Conti - di un “rappresentante per il Lombardo Veneto della filosofia di Heidegger”? Un abbaglio - se ho ben capito la critica - che consiste non tanto nel condividere o meno le tesi di Severino, ma nel ritenere sostanzialmente sovrastimato il valore di un confronto con il “racconto filosofico severiniano” che presenterebbe “un quadro concettuale limitato”, “soluzioni a buon mercato”, e che non si porrebbe sul “piano della critica storica e dell’analisi concettuale complessa”.
Eh sì. Perché se il bresciano Severino è semplicemente un heideggeriano lombardoveneto la premura ormai quasi trentennale dedicata alla raccolta di questo mio faldone di interventi, nonché la lunga fila di libri e saggi critici, saranno pur commoventi, ma anche il segno evidente di un patetico provincialismo.
Resta da capire come mai con Severino abbia incrociato le armi il fior fiore di filosofi. Tra questi – e voglio subito tirare l’acqua al mio mulino, ancora un po’ diroccato, ma stabilmente sistemato sulla sponda di sinistra - ben noto è il riconoscimento di Massimo Cacciari.

Bragaglio: una testimonianza sul sen. Piero Padula sindaco e politico

Mantengo particolarmente vivo il ricordo del sen. Piero Padula. Della sua acuta intelligenza in campo politico ed amministrativo, del suo impegno e della sua determinazione. Del valore da lui assegnato ad una parola data. Nonché della stima ampiamente riconosciuta, anche da avversari politici, come dall’allora Gruppo Consiliare del PCI e di cui posso dare testimonianza anche in qualità di Capogruppo. Altrettanto vivo è il ricordo di quel suo temperamento schietto e forte, anche se non sempre facile.
Una stagione di Sindaco (1985-90), in cui convergenze e scontri tra la maggioranza di governo, imperniata sulla DC, e l’opposizione del PCI possono essere iscritti nel quadro di rapporti politici che - soprattutto a far data dal 1975, con sindaco Cesare Trebeschi e l’esperienza delle “Giunte aperte” - hanno caratterizzato la storia amministrativa della Loggia ed il migliore municipalismo bresciano. Un tratto che ha costituito, e per interi periodi storici, un apprezzato denominatore comune delle forze politiche popolari. Al punto da far positivamente rilevare vere e proprie “storie parallele” dei protagonisti di quel municipalismo, quand’anche diversamente collocati sullo scacchiere politico.

Presentazione del libro FORME DELLA RIBELLIONE di Paolo Barbieri - 04 10 2018

ASSOCIAZIONE ARTISTI BRESCIANI

Giovedì 4 ottobre, ore 18, nella sede dell’AAB, Vicolo delle Stelle 4, Brescia

presentazione del libro: FORME DELLA RIBELLIONE


di PAOLO BARBIERI (giornalista e saggista)

Con l’Autore dialogano:

MASSIMO TEDESCHI (presidente dell’AAB),

CLAUDIO BRAGAGLIO (Associazione di Studi Emanuele Severino)

Il Libro è edito da Moretti&Vitali

In copertina: "Il mito di Sisifo" nel dipinto del Tiziano (Museo del Prado)

Non ci sono cose colorate in giro, solo persone

Egregio Direttore,

mi son chiesto – anche per la stima che ho per Lei – se prendere silenziosamente atto delle sue osservazioni critiche, o rispondere con garbo, limitandomi a dire che anche nelle polemiche pratico la “par condicio”. Quindi con lo stesso stile – apprezzato o meno che sia – per un calabrese od un valsabbino. Con le stesse ironie, cadute di stile o prese in giro…:, come Lei stessa – pungente - mi ricorda. A testimonianza mia porto l’esempio di varie polemiche con colleghi del Nord o del Sud, con i quali in generale mantengo rapporti di cordialità. Anche perché sempre – è la regola del ring – son loro a rispondere colpo su colpo…e di questo non mi dolgo per nulla. Fermandomi qui.
Ma, così facendo, non sarei del tutto sincero, perché mi è sembrato che Lei cogliesse un qualcosa di più e di troppo nel mio fastidio polemico verso il dottor Acri. Anche in quel mio voler violare il tabù con un provocatorio richiamo al “negher” e al “terù”.
E’ questo un aspetto delicato che non intendo aggirare, andando anche oltre l’inconsapevole Acri. Quindi anche oltre le sue bugie quando, dopo ben tre giorni, non gli è venuto di meglio che sostituire gli stranieri con delle ignare “famiglie arcobaleno” che, di colpo, son state da Acri persino espropriate della loro “italianità”. Che siano neri, gay o domani dell’altro per Acri sono le sgradite “cose colorate in giro”. E qui, parlando di persone, spero che lo svarione sia ascrivibile ad una sua sconcertante povertà di lessico. Laureato in medicina, si vede che sul resto, in Consiglio e fuori, si confonde.


Acri, i "terù" e i "negher" (ovvero la polemica sulle “cose colorate in giro”)

Che dire del debutto a Palazzo Loggia del consigliere comunale Gianfranco…Acri?! Lo stesso cognome suo di ascendenze greco-arabo-- fenicio-egizian-nordafricane avrebbe dovuto consigliargli in Loggia maggior prudenza, sul lamento contro le “cose colorate” in movimento per le vie di Brescia.
Stesso consiglio – immagino, ogni mattina – guardandosi nel suo stesso specchio in bagno. Per non dire pure in quello della sua coscienza che, per quanto ridotto ad uno specchietto retrovisore, si dovrebbe in genere comunque avere. Ed ogni tanto anche sbirciare per evitare dei grossi guai.
Giorni fa nel piano di mezzo del Metrò di via Marconi, nei pochi metri tra un ascensore e l’altro, pedalando in bici, un tizio cantava ad alta voce  “De negher e de terù non ne posso più”.
La volta prossima che lo vedo gli parlerò dell’amico Acri e spero di convincerlo ad accorciar la rima ai soli “negher”, perché pure i “terù” son passati dalla sua parte. Non so se mi riuscirà…se gradirà...se ci cascherà…Mi sembrava tutto, ma non un allocco. Perché l’intolleranza tende ad allargarsi più che a restringersi. E la prossima volta temo proprio che farà pure un qualche girotondo con la bici per completare un nuovo e più lungo elenco, oltre i "negher" e i "terù".
Di certo vorrei regalare al dottor Acri un libretto dello storico Carlo Cipolla intitolato “Allegro ma non troppo. Le leggi della stupidità umana”. Non parla di razzismo e di siculo-calabro-aspiranti ariani, e neppure  è  – tranquillo Gianfranco! -  di eccessivo impegno.
Ma son certo che pure Acri nel riflettere su quelle leggi - ch’egli mi pare stia osservando puntualmente - possa trarne un qualche giovamento. A volte - e saggiamente - anche solo non aprendo bocca.

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