Partito

Bragaglio: giusto partecipare alla manifestazione antifascista di Brescia

Con riferimento alla manifestazione antifascista ed antirazzista in Piazza Mercato a Brescia, desidero precisare che considero la presenza di esponenti PD e, per quel che mi riguarda anche del sottoscritto, sia stata pienamente motivata e condivisibile. Ritenendo altresì l’assenza del PD da varie e diverse manifestazioni nazionali meritevole invece di valutazioni critiche. Penso sia stata opportuna, a maggior ragione dopo l’appello del Sindaco di Macerata, la posizione assunta dal PD nazionale per la manifestazione in quella città. Ma l’aver fatto conseguire da una motivata valutazione di opportunità per il clima di tensione che lì si era creato, un’assenza pressoché generalizzata del PD dalle altre piazze ritengo invece sia stata una decisione non convincente. Bene quindi hanno fatto, per esempio, l’on. Fiano e l’assessore Maiorino a partecipare a Milano. Come abbiamo fatto noi a Brescia, ma l’errore a livello nazionale è evidente. Anche per questo condivido in pieno la speranza, come sostiene l’on. Piero Fassino, che si possa recuperare presto ritrovandoci tutti uniti contro i rigurgiti fascisti il 24 febbraio.
All’obiezione d’un qualche amico sulla inopportunità della mia presenza, in ragione del mio ruolo di Presidente della Direzione regionale del PD, non posso che rispondere in pubblico negli stessi termini della conversazione privata. Peraltro senza alcun intento polemico. Ma con motivi in più nella mia convinzione.


Su liste e voto in Direzione Regionale e su Brescia

La Direzione Regionale del PD ha approvato all’unanimità le Liste PD per la Regione Lombardia. Compresa la Lista di Brescia che, nella sua fase di formazione, ha registrato un passaggio critico e problematico. Con riferimento alla vicenda nazionale delle candidature non posso che condividere il giudizio molto critico espresso in Direzione dallo stesso segretario regionale, Alessandro Alfieri.
“Vicenda devastante”, è stato detto dal Segretario nazionale, Matteo Renzi. Giudizio, che andrebbe però ampliato e declinato, a mio parere, con riferimento anche alla legge nostra elettorale il “Rosatellum”, nonché alla gestione centralizzata a Roma delle candidature, che ha penalizzato pesantemente territori e pluralismo interno del PD.
Ciò è avvenuto anche per Brescia. Con candidature paracadutate dall’esterno, prive d’un senso comprensibile, con decisioni che hanno stravolto il percorso unitario costruito a Brescia. Pensando in particolare alle scelte nazionali, per nulla condivisibili, riguardanti, i parlamentari uscenti Guido Galperti e Miriam Cominelli.



Bragaglio a Rosati (LeU): “Sottrarsi alla coalizione. Una scelta criticabile”

intervista di Mauro Zappa (Bresciaoggi) 24 01 18

Claudio Bragaglio, presidente della direzione regionale del Partito Democratico, risponde al suo predecessore Onorio Rosati. Quest’ultimo, candidato di Liberi e Uguali alla successione di Roberto Maroni, aveva illustrato le ragioni che hanno portato il suo partito defilarsi dalla coalizione di centrosinistra che sostiene la sfida lanciata da Giorgio Gori.

Le posizioni assunte da LeU in Lombardia sono frutto di scelte operate a Roma?
“In Lombardia la legge elettorale, come peraltro nei Comuni, prevede la contrapposizione di coalizioni che si combattono per ottenere il premio di maggioranza. Sottrarsene riduce evidentemente le possibilità di vittoria. Ciò premesso credo che quanto accaduto derivi da una scelta di carattere romano, da un’aspra contrapposizione verso il PD. Atteggiamento criticabile, a maggior ragione dopo che la segreteria nazionale, cambiando posizione, aveva aperto alla formazione di coalizioni di centrosinistra. Si trattava di inserire un cuneo per rendere più agibile questo percorso, viceversa da parte di LeU c’è stata una sottrazione. Una bandiera che doveva essere issata è stata malauguratamente ammainata”.

Candidature civiche o maschere di lotte intestine?

Con riferimento all’intervento su Bresciaoggi (7.1.2018) dell’ing. Giacinto Musicco, che ringrazio, mi corre l’obbligo d’una precisazione su un possibile equivoco riguardante stimabili persone.
Le mie considerazioni sulla vicenda amministrativa del 1991-92 in Loggia (Bresciaoggi 29.12.2017) sono critiche nei confronti di alcune forze politiche e non già verso il prof. Mauro Piemonte. Al punto che sottoscrivo quanto Musicco afferma sul suo valore professionale e personale. Il punto che ha finito poi per coinvolgere anche il prof. Piemonte, riguarda la strumentalità di alcune operazioni politiche dell’allora DC.
Lo spunto è nato da una riflessione sulla proposta di candidato sindaco, fatta dagli on. Gelmini e Paroli, del prof. Enrico Agabiti Rosei. E da un accostamento con Piemonte: analogo profilo professionale, stessa età, in quiescenza dagli Ospedali Civili, stessa modalità di proposta nel bel mezzo d’una profonda frattura politica dei partiti che lo sosterrebbero. Se nulla ho detto su Agabiti Rosei, alcune cose posso invece richiamarle per Piemonte. Quasi immaginando, appunto, anche una storia parallela.
Intanto, lo dico all’amico Musicco, non è vero che “la sovranità popolare si era espressa a larga maggioranza (circa settantamila voti) a favore del prof. Piemonte, come sindaco in pectore”. Piemonte era capolista della DC, ma il sindaco, peraltro di coalizione, veniva eletto dal Consiglio Comunale. Non necessariamente il capolista o il più votato con le preferenze. Infatti un Bruno Boni, redivivo in Loggia nel 1985, prende 10 mila preferenze, 2 mila più di Piero Padula, ma è Padula a diventare Sindaco. Nel 1990 è Padula che prende 9.500 preferenze, ma il Sindaco lo farà – nel caos più totale della DC – Gianni Boninsegna.


Bragaglio: candidatura civica in Loggia e divisioni del Centro Destra a Brescia

Scrutando l’affanno del Centro Destra alla ricerca d’un candidato sindaco, mi sono venute alla mente alcune vicende della nostra storia municipale.
L’ultima “new entry”, nel vortice delle candidature, è Enrico Agabiti Rosei, medico neo pensionato degli Spedali Civili. Una scelta successiva al nome dell’ing. Enrico Zampedri – balzato alla cronaca politica, per una cena romana fatta con gli on. Gelmini e Paroli – che aveva poi spinto al galoppo le fantasie dei giornalisti. Senza però che una sola parola venisse dal diretto interessato. Ma una tale moltiplicazione di nomi civici non si sa se dovuta all’incauto ottimismo d’uno slancio in aria o piuttosto ad una rassegnazione per troppi dinieghi. Intanto c’è civismo e civismo. C’è quello che interagisce dialetticamente con la politica, ma anche un civismo ben diverso, di cui la politica s’avvale strumentalmente per nascondere con una maschera il proprio volto, quand’è sfuocato od impresentabile. La storia nostra è fatta di queste opposte situazioni. Vi sono state candidature non direttamente partitiche, ma comunque espressione di specifiche identità politico-culturali.




Bragaglio: ripartire dal centro sinistra e dal civismo di città e comunità locali

Il lancio della candidatura regionale di Giorgio Gori è stata un’occasione importante per la definizione del “modello lombardo” d’un centro sinistra ampio, plurale e civico. Puntualmente completato dai due Sindaci di Milano e di Brescia, Beppe Sala ed Emilio del Bono. Un modello inteso come scelta strategica, da tempo sostenuto dalla Direzione lombarda del Pd. Non a caso anche il prolungato applauso per l’iniziativa unitaria di Piero Fassino, presente alla Convention.
Al di là di come finirà esso è più forte anche di alcuni “no” immediati. Con un obiettivo chiaro. Anche se a livello nazionale ci si è arrivati molto tardi. Poteva e doveva esser questa la risposta alla sconfitta del Referendum del 4 dicembre. Ma così non è stato. E solo oggi la maggioranza del PD propone un’ampia coalizione, ovvero la linea di Andrea Orlando che nel Congresso era minoritaria.

Bragaglio: una precisazione per Emanuele Macaluso sulle vicende delle primarie in Lombardia

Emanuele, in generale condivido molte delle tue analisi e le tue critiche anche al PD…dal 2005/07 ad oggi, tanto per esser molto chiaro, e  da posizioni minoritarie nel partito. Ma le tue considerazioni sulla candidatura di Gori – scusami - difettano di informazioni. Sulle primarie la segreteria Pd di Alfieri, e Gori stesso, da luglio hanno dichiarato la totale disponibilità alle primarie. Così anche la Direzione. Abbiamo avuto da luglio tre riunioni della Direzione (di cui sono presidente) con un continuo rinvio della formalizzazione della candidatura PD alle primarie (o delle candidature del PD, perché c’è stata anche questa ipotesi fino a lunedì 30 ottobre). Ma oltre la data del 3 dicembre – credimi - di rinvio in rinvio non era più possibile andare. Se non (ma ancora forse) al 17, che voleva dire in realtà – primarie o non primarie - cominciare la campagna elettorale col candidato a metà gennaio!
Le scelte unanimi nel PD lombardo, prima sulla candidatura Sala al Comune, e poi per Giorgio Gori, ti  assicuro discendono dalla ricerca non  d’un  “candidato renziano”, ma del migliore candidato.

Referendum regionale e libertà di voto

Il Referendum del 22 ottobre, promosso dalla Giunta Maroni, entra nel vivo sia per il merito del quesito che per il senso politico dell’intera operazione.
Nel merito, la richiesta d’una maggiore autonomia non può che essere condivisa. Vorrei dire scontatamente condivisa. L’art. 116 del Titolo V della Costituzione, riguardante il “federalismo differenziato”, è stato a suo tempo voluto con il Referendum (2001) proprio dal Centro Sinistra, ma duramente contrastato dal Centro Destra. Ed è parte identitaria della politica autonomistica del Centrosinistra.
Ritengo sia stato quanto mai opportuno che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, e Beppe Sala, Sindaco di Milano, con Emilio Del Bono e Pierluigi Mottinelli, Sindaco e Presidente di Brescia, ed altri sindaci di capoluogo, abbiano assunto, come amministratori pubblici e rappresentanti delle loro comunità, una posizione favorevole al quesito. Non sottacendo, peraltro, critiche per il carattere generico del quesito, il mancato confronto con il governo che rimane comunque il passaggio ineludibile stabilito dagli art. 116 e 119 della Costituzione.


Alleanze in Loggia e legge newtoniana di… gravità

Ho registrato qualche reazione  preoccupata sull’uscita in questi giorni di indiscrezioni  riguardanti un’eventuale apertura del PD in Loggia verso liste civiche e forze cattoliche di centro.Da sempre - e quindi non da oggi - per quel che mi riguarda, ritengo esista in politica una legge che vale (volendo esagerare un po') con una certezza che eguaglia la formula newtoniana della legge fisica della gravità.
Un centro sinistra ampio ed articolato (“ulivista”: per intenderci) con un chiaro programma, leadership affidabile e coesione politica può benissimo aprirsi, ed in modo trasparente, anche al di là dei propri confini. Come a Brescia s’è già fatto. O sperato, come con la lista civica di Francesco Onofri.
E', sempre per me, un’antica lezione berlingueriana (..se posso dire senza provocar scandalo o fastidio) che non mi ha mai abbandonato.
Se a suo tempo, per esempio, non si combinò a livello nazionale nulla di significativo con Casini - da parte di Bersani ed altri - fu solo per il pasticciamento alternante del Pierferdy nazionale. Non certo per nostre preclusioni da sinistra.


Coalizione a trazione PD, ecco il partito della città

L’INTERVISTA. Tra scenari nazionali e locali, parla il Presidente della Direzione  regionale.
“COALIZIONE A TRAZIONE PD, ECCO IL PARTITO DELLA CITTA’ ”.
Bragaglio: “Del Bono tra due versioni Dem: nazionale territoriale. E’ sulla via di Martinazzoli e Corsini”.

di Mauro Zappa. Bresciaoggi 02.07.2017

Ci sono due Pd. Uno nazionale, votato all’idea di una propria autosufficienza a dispetto delle sonore sconfitte inanellate nell’ultimo anno e già pericolosamente avviato lungo una strada che lo porterà all’isolamento. L’altro territoriale, radicato in città e in regione, rappresentato da esperienze amministrative che si reggono su grandi coalizioni capaci di raccogliere l’insieme del centrosinistra e del civismo. La situazione attuale del partito democratico Claudio Bragaglio, presidente della direzione regionale, la fotografa così. Invoca da parte di Renzi una riflessione approfondita, propiziatoria a un’inversione della sua rotta politica. Nel contempo si compiace per il “non diserto” pronunciato in San Cristo da Del Bono perché disponibilità declinata nel solco di quella continuità “ulivista” che prima dell’attuale sindaco è stata rappresentata da Martinazzoli e da Corsini.
La tornata amministrativa restituisce un Pd in evidente difficoltà. E’ una lettura corretta o il recente test elettorale non è da considerarsi probante?
Esprimo seria preoccupazione, sia per il risultato conseguito, sia per la rottura nel gruppo dirigente nazionale che ne è derivata, espressa attraverso le prese di distanza di Franceschini, Prodi e Veltroni nei confronti di Renzi, il quale ha cercato di dare una lettura non così drammatica del momento. Sbagliando, perché il momento drammatico lo è davvero, testimoniato dal fatto che in precedenza anche altre realtà amministrative molto rilevanti e lo stesso referendum del 4 dicembre hanno certificato un Pd nazionale fuori sintonia rispetto al Paese.

La festa del 'Brescia Pride': unire la citta'. Un successo di partecipazione e...oltre

All’indomani del ‘Brescia Pride’ polemiche ed antipolemiche non mancheranno. Uno scorrere di ruscelli fino – forse – ai fiumi in piena. E il Sindaco Del Bono che per Luxuria non rappresenterebbe la città. E un Pd piuttosto scarso in manifestazione. E il mancato patrocinio della Loggia…e così via. Non ritorno sulle mie opinioni, già espresse per l'adesione e confermate. Mi limito invece a brevi considerazioni, ottimistiche sul futuro più che sul recente passato. Dal parto con il travaglio annuale d’una Petizione in Loggia che sulle famiglie anagrafiche poteva risolversi positivamente nel giro di poche settimane, alle titubanze ed incertezze di questi mesi sul ‘Brescia Pride’. Vicenda poi conclusa, col fiatone tirato al 90° minuto, ma in modo positivo e soddisfacente. Come il Vicesindaco Castelletti e l'Assessore Fenaroli hanno poi ben esplicitato. Esiste la storia fattuale e pure quella controfattuale. Ovvero anche la ‘storia dei se’. Che non aggiusta certo il passato, ma che ha molta importanza per poter evitare gli errori del futuro.
Il ‘Brescia Pride’ è stata una gran festa dei diritti civili. Di Brescia e non solo. Festa, insisto, il modo come la gente s'è raccolta in piazza Vittoria all'ombra delle statue di Paladino, come s'è snodata in città tra musei ed antiche vie, come è stata accolta col sorriso partecipe delle persone sulle porte spalancate dei negozi. Intelligente anche nella scelta del percorso, comprese alcune limitazioni accolte con rispetto dei luoghi.





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