Partito

Fedeli? Per l’Istruzione un po’ di coraggio per un nuovo Ministro

Valeria Fedeli al Ministero dell’Istruzione e dell’Università un problema di Laurea? Si e… no.
Basta guardarsi attorno e frequentemente capita di trovar fior di laureati a dir poco imbarazzanti, per profondità d’ignoranza e vette di stupidità. Quindi un titolo non basta e non è di per sé garanzia sufficiente. Proveniente magari da quelle Università che son solo (o principalmente) diplomifici. Si sa. Per non dire poi di transumanze (in genere, ma non solo al Sud) per facili Diplomi, Lauree e Abilitazioni professionali. Bastino i numeri scandalosi resi noti mesi fa anche per le maturità super-laudate delle scuole superiori, nel rapporto Nord-Sud. Quindi il famoso “pezzo di carta” non certifica di per sé preparazione.
In secondo luogo vi son professioni complicate che sono state affrontate con successo (lavoro operaio specializzato, professionale, imprenditori, artigiani…) anche attraverso la scuola del lavoro e dell’esperienza, della cultura materiale, dell’autoformazione che non hanno propriamente registrato le frequenze di aule scolastiche. Esperienze che non vanno valutate con la puzza sotto il naso di chi ritiene che il massimo della vita sia allontanarsi con il “pezzo di carta” dal lavoro produttivo, manuale ed industriale. Pensiamo alla polemica di Salvemini e di Gramsci contro le pagliette, azzeccagarbugli ed avvocaticchi del Sud.

Dall’on. Giachetti giudizi e polemiche inaccettabili

Non nascondo che il primo impulso nel leggere su BresciaOggi  le dichiarazioni dell’on. Roberto Giacchetti è stato quello di ritorcergli contro, parola per parola, e con egual veemenza polemica, esattamente ciò che lui riserva alla minoranza PD ed al sen. Paolo Corsini in fatto di mancanza di dignità politica, di insensatezza, di mancato rispetto di se stessi, di volontà distruttrice… ma su una simile strada se ne vada lui. Se lo ritiene. Io di certo non lo seguo. Per dignità del ruolo che ricopre come vicepresidente della Camera, di candidato Sindaco nella Capitale, di dirigente del PD. E, se posso dire, pure per dignità mia e della storia della sinistra politica in cui mi identifico.
Sappiamo tutti delle divisioni nel PD, della dura polemica e contrapposizione in atto, ma anche d’uno sforzo necessario – che a Brescia da varie parti finora s’è fatto – per evitare forme d’incanaglimento del confronto elettorale.
Non mi sfuggono – a maggior ragione da sostenitore del Sì -  errori, inopportunità di iniziative e di partecipazioni, slogan estremizzati di esponenti del No, ma lo sforzo di mantenere su un terreno non dirompente un difficile confronto nel PD ritengo sia indispensabile. Questo ho ritrovato, ed apprezzato, anche nelle parole del Sindaco Del Bono nel suo intervento in occasione della presenza a Brescia dell’on. Boschi.
La legittimità d’una critica, ancorché ferma ed esplicita,  verso un NO espresso dall’interno del PD, in particolare non può spingersi fino all’astiosa delegittimazione del valore, anche morale, di persone e di storie politiche, culturali, amministrative come quella rappresentata, a Brescia ma non solo, dal sen. Paolo Corsini. Con veemenza inaccettabile ed astiosità personali, che in alcuni casi si son poste ben oltre il confine d’una legittima e motivata critica politica.
Oltretutto – oltretutto! – denotando anche la scarsa intelligenza politica di chi ritiene che con parole e modi intimidatori si possa allargare il consenso a sinistra, in una fascia di elettorato ancora incerto e dubbioso.


Un “si’ critico” al Referendum e l’Italicum da cambiare

Aderendo, nel gennaio 2016, al “ Comitato del Sì al Referendum”, promosso dal PD di S.Polo,  mi erano ben chiare le implicazioni. Un “Sì critico”, il mio, non per dubbi, ma per motivazioni distanti da pregiudizi. Al punto da confermare il mio Sì “nonostante” gli argomenti di alcuni suoi sostenitori. Renzi e Boschi inclusi. Penso ad alcune loro improvvide posizioni. Che – anche per “moral suasion” di Napolitano e Mattarella - hanno  registrato una virata quanto mai opportuna. Con l’ammissione di errori ed un cambio di direzione, per non porre a rischio l’esito referendario, prima immaginato invece come una marcia trionfale.
Un “Sì critico”, accolto da opposte ed acide ironie. Per gli uni, un errore nella battaglia campale che traccia il solco al di qua ed al di là del renzismo. Per gli altri, il tentativo di bagnar le polveri delle cannonate contro i conservatori del No. Pazienza.
Nel merito, lo sappiamo tutti, non si tratta d’un capolavoro di costituzionalismo. Se fossimo alla prima prova, un’esemplare bocciatura ci starebbe. Ma si dà il caso che qui, oltre l’ultimo scolaro, son messi sotto torchio una scuola intera e fior di professori degli ultimi trent’anni.


Paolo Corsini: leggere il voto prendendo il bus

Al fine di una valutazione dei risultati delle recenti consultazioni elettorali amministrative prenderò le mosse da alcuni riscontri e da considerazioni di carattere generale per poi procedere, con una lente d'ingrandimento ravvicinata, ad un ragguaglio su taluni casi emblematici, atti a suggerire qualche provvisoria indicazione conclusiva. Con una precisazione preliminare: il mio è certamente un punto d'osservazione parziale, politicamente interessato e certamente non coincide con quello più affidabile di un entomologo elettorale o di un sociologo della politica che riflette a freddo e sulla base di una metodologia sperimentata. Il che non mi esime dall'affidarmi agli esiti di ricerche già condotte all'indomani del voto, particolarmente dall'Istituto Cattaneo e dal senatore Pd Federico Fornaro che della sua competenza in materia ha dato proprio recentemente una brillante dimostrazione con un saggio assai documentato, Fuga dalle urne. Astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 ad oggi, Novi Ligure, Epoké, 2016.  Veniamo al dunque.

Bragaglio: il valore nazionale del voto lombardo - per un nuovo PD e la modifica dell’Italicum

Il voto di Milano ed in Lombardia ha un valore nazionale. Da laboratorio politico. Ma non per ribadire l’ovvio, e cioè che, persa Roma, il PD s’è salvato almeno con Milano, l’altra Capitale.  Intanto, tra flussi e riflussi di commenti, ritengo la lettura data da Prodi la bussola più convincente. E, su un punto, richiamo anche Chiamparino quando, sul voto nazionale e di Torino, allarmato vede  un PD che si stacca dai cittadini per trasformarsi in una macchina di potere.
Il tutto nella tormenta populista – da Trump alla Brexit – e con l’Europa squinternata. Mille le cose da cambiare. Anche per la sinistra interna del PD. Ma partendo da una prima scelta: stabilizzare o meno il Governo ed il PD che è alla guida? Se per me scontata è una risposta affermativa – quindi su una linea diversa da D’Alema – non altrettanto le risposte al come, con chi, per cosa. Per esempio, sulla correzione dell’asse sociale proposta da Prodi che ne pensa Renzi?
Sapendo che per stabilizzare una nave nella tempesta è il capitano a dover proporre un cambio di rotta e di rapporti con l’equipaggio, tutto.
Sul Referendum costituzionale ci si gioca – analogamente a Cameron – tutta quanta la partita. Renzi l’ha immaginato come un costantiniano “arco di trionfo”, ma con le amministrative c’è chi  l’ha già con successo sperimentato come una “forca caudina”.
Parto dalla posizione di Scalfari sul Referendum, ben più diffusa di quanto si pensi. Più o meno del tipo: “ ‘O presepe nun me piace”. Ma per carità di patria lo si può comunque fare…ma mai e poi mai, può starci con l’Italicum per gli effetti devastanti sugli equilibri costituzionali. E di potere.



Bragaglio:un voto che richiede cambiamenti del PD e anche dell’Italicum

Nel mare mosso dei commenti c’è una boa che non va smarrita. Pur sballottati, già dal primo turno elettorale. Una boa che riguarda un possibile – nonché auspicabile - nuovo posizionamento del PD renziano nel sistema politico. Dopo l’obbiettiva crisi del “Partito della Nazione”, con questo voto. E che è già motivo di valutazione critica dello stesso segretario Renzi. Un segnale che va colto anche dalla sinistra del PD, finora divisa proprio su questo punto essenziale. Avendo ritenuto - almeno una parte di essa - che Renzi e il Pd fossero ormai oltre le colonne d’Ercole.
Non che m’illuda. Applico però, con realismo,  ad una certa politica quello che l’economista Adam Smith diceva del mercato. Non è dalla benevolenza del fornaio o del macellaio che ci aspettiamo il pranzo, ma dai vantaggi che essi sperano di ricavarne. Quindi si è indotti  a parlar bene del loro egoismo e non già della loro umanità.
Alcune cose sono evidenti. L’area del centro destra si mantiene ampia anche dove è divisa. Direi vantaggiosamente “articolata”, a maggior ragione, come a Milano, dove trova anche una leadership come Parisi. Con il partito di Alfano che segue il richiamo di madre natura. Il Pd renziano non sfonda al centro. Il sistema è tripolare, con il M5S, che gioca una partita di primo piano. Il PD renziano paga invece un’oggettiva (e dirompente) schizofrenia: è un partito solitario e maggioritario (nelle aspirazioni) a livello nazionale ma, nel contempo, un partito coalizionale di centro sinistra ulivista (da Milano con Sala, a Cagliari con Zedda). Il bipartitismo infatti non è mai nato. Né nascerà.




4 aprile 2016 - Darfo Boario Terme ore 20.30

SINISTRA RIFORMISTA DI BRESCIA
ASSOCIAZIONE CAMUNA SEBINA “ENRICO  BERLINGUER”
 

Lunedì 4 aprile, ore 20.30
presso la “Sala ’89”, in vicolo Oglio 10, Darfo B.T.


INCONTRO PUBBLICO IN VALCAMONICA
sul tema:

IL PD ED UN NUOVO CENTRO SINISTRA
Introducono:

PAOLO PAGANI  e GIUSEPPE GALLI

Partecipano:

CLAUDIO BRAGAGLIO, NADIA FACCHINI, CARLO FOGLIATA,
DANIELE GAZZOLI, MONICA PECI, MASSIMO REBOLDI

Conclude  il sen. PAOLO CORSINI

I temi di maggiore attualità (Europa, terrorismo, crisi economica, lavoro, immigrazione, riforme costituzionali, riassetto di Regione, Enti locali e nuova Provincia…) rappresentano - in particolare considerando gli sviluppi più recenti  e preoccupanti - una sfida molto impegnativa anche per il futuro del PD e del Centro Sinistra.

L’incontro  si propone di approfondire una riflessione e di motivare il senso di un impegno nel PD e del PD per costruire, anche in Valcamonica, risposte politiche, sociali ed istituzionali più adeguate di cambiamento e di rinnovamento.

Sala: una candidatura per Milano anche da... bresciano

Varie le valutazioni su Giuseppe Sala, sindaco di Milano. Ma vorrei subito deludere un amico del PD che considera il mio sostegno a Mr. Expo come tardiva confessione - parafrasando il filosofo – del fatto che ‘non possiamo non dirci renziani’. Non è così.
Per me la sfida di Milano era obbligata per Pisapia. Dunque un errore il suo ritrarsi. Da ciò i nostri problemi.
Perché Sala? Per diverse ragioni, già motivate. E senza nulla togliere ad altre candidature. A mio parere v’è poi anche una ragione ‘bresciana’: la convinzione che il nostro futuro passerà, ancor più di prima, da Milano. Questione che va oggi ri-focalizzata, anche alla luce delle novità legislative.
Il voto dei cittadini si sa è decisivo. Ma dopo la vittoria c’è pure il governo d’una metropoli complessa. Ciò significa rapporti anche con soggetti sociali, sindacali, economici, finanziari. Significa ‘governance’ con varie realtà, altro che ‘disintermediazione’ renziana. Su questo piano Sala potrebbe avere una marcia in più.
Ma di che Milano stiamo parlando? Non del solo Comune, ma d’una ‘Città metropolitana’, che comprende un terzo della Lombardia. Tre milioni di persone e la concentrazione economica più rilevante del Paese. La terza in Europa. Non d’un rito solo ambrosiano, tanto meno meneghino. Con il Sindaco di Milano che, per la legge Delrio (l.56/2014), è anche il Sindaco metropolitano. E domani – come da Statuto – da eleggere, a suffragio universale, e che adotta un ‘Piano strategico generale’, con funzioni ancor più rilevanti di quelle regionali. Sullo sfondo, invece, le nostre ex Province derubricate dal nuovo Titolo V della Costituzione.

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Utile per Brescia non sbagliare il sindaco di Milano (BsOggi) 15 12 15
Il sindaco metropolitano e il lavoro nelle Aree Vaste (BsOggi) 22 12 15

Per Milano (e la Lombardia) Giuseppe Sala il sindaco giusto

Alcuni esponenti del Centro Sinistra sostengono che Giuseppe Sala non vada bene perché è il Sindaco del 'partito della nazione'. Chi, come me, è contrario ad una tale trasformazione centrista del PD e pensa che il PD debba essere una forza di  centro sinistra, deve in primo luogo non subire una perversa logica di spauracchi e di autolesionismi. E quindi debba guardare al senso politico più generale che assume una candidatura per Milano, per la Lombardia, per il Paese. Consegnare poi una figura di amministratore indipendente come Sala al progetto d'un 'partito della nazione' mi sembra un regalo immeritato, un capolavoro di masochismo, tipico d’un minoritarismo cronico, che possiamo risparmiarci.

Sala è un amministratore di valore, serio ed affidabile. Ed ha anche il merito di non far parte dell'orchestra di tromboni e di trombette che troviamo spesso in giro. Anche nel PD purtroppo. Candidabile, Sala, anche (e soprattutto) da una sinistra riformista e di governo, come spesso abbiamo fatto, e con successo, nei decenni in molte città, con amministratori indipendenti. Con in testa anche il valore più generale di queste operazioni politiche.

Possibile una ‘scissione amichevole’ nel PD?

Il prodiano sen. Franco Monaco ripropone la sua tesi: prendere atto dell’incomponibilità delle divisioni nel PD con una ‘scissione amichevole’. Il tutto per rendere poi possibile un’alleanza tra centro renziano e sinistra riformista. Insomma il famoso Centro-Sinistra, col trattino. A Monaco rendo il merito della sincerità perché dice quel che altri – e da fronti tra loro opposti – sussurrano. ‘Benvenuti, finalmente’, mi verrebbe da dire. Essendo tra coloro che nel 2007, e proprio su quel punto, persero il Congresso contro la ‘fusione a freddo’ del PD. Fatta con la spinta di Prodi. Nonché di esponenti DS. Pure loro in molti – anche a Brescia – oggi pentiti, penitenti e renitenti.

Ma - pur mantenendo quella mia stessa idea - nel bel mezzo d’una difficile navigazione del PD e del Paese, non debbo legarmi all’albero della barca per resistere all’incanto di tali mutabili sirene. Si dà infatti il caso che un processo politico non lo si riavvolga con un tasto come un ‘action movie’.

Intanto ‘amichevole’ una scissione? Un conto allora promuovere un processo federativo d’un centro cattolico con una sinistra riformista. Un conto oggi la rottura d’un partito. Scendendo per ‘li rami’ fino a Comuni e Circoli.

Contento della soluzione per il Senato molto per il PD, meno per la Costituzione

Se...un 'se' necessario, perché non sempre un impegno preso è stato mantenuto… vedi il voto unanime del PD sulla norma riguardante i licenziamenti collettivi del Job Act, concordato  in Commissione, ma poi stravolto in Aula. Quindi 'se' per davvero si concluderà, come ipotizzata in queste ore, considero la soluzione per il Senato ‘politicamente’ buona. Rendendo merito ai protagonisti della Sinistra ed allo stesso Renzi.

Politicamente, sottolineo, per il pesante rischio reale di rottura del PD che si è evitato. Nell'immediato e spero anche per il futuro. Con riflessi disastrosi anche per il Paese. Quindi contento, per davvero  senza ‘ma’, e con quel solo ‘se’ riguardante appunto il rispetto pieno dell’accordo raggiunto.

Viceversa, la situazione risulta ingarbugliata e molto meno convincente per la Costituzione.  Per il merito, inteso in senso stretto. Anche perché tale riforma risente negativamente dell’Italicum (che a mio parere rimane una pessima legge elettorale) che fa prevalere la logica dei nominati sugli eletti. Con la possibilità  inoltre di vedere quasi raddoppiati per un singolo partito i seggi in Parlamento rispetto al voto realmente espresso dai cittadini

Proprio da lì nasce lo 'sbilanciamento' complessivo del sistema costituzionale e dello stesso sistema politico.

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